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Ultimo aggiornamento: 28 Maggio 2022 (Prairial - Serpolet)

Action figure o Figurini che dir si voglia

Mi ricordo che a chiamarli "figurini" era stato qualcuno su un albo Bonelli (forse Alfredo Castelli?) nel tentativo di mantenere un nome italiano. Per i giovani, che molto orgoglio linguistico non ce l'hanno, si tratta di "action figure", o meglio nel caso specifico di semplici "figures" visto che si tratta di "quelle immobili" stando alla definizione di Wikipedia.
Comunque sia sono riproduzioni tridimensionali di personaggi di fumetti e di anime che potremmo catalogare come "acquisti compulsivi di un diversamente-giovane adulto". E il loro nefasto compito è abbastanza intuitivo: rubare spazio prezioso sulle librerie rendendo nel contempo difficilmente accessibili i libri posti dietro di esse.
L'interpretazione psicologica di questi pezzi di plastica nella stanzetta del brufoloso adolescente è abbastanza semplice e si accoppia con le presentazioni che si trovano in Internet: "mi piace questo e quest'altro, ascolto questo tipo di musica, eccetera". Ovvero io sono i miei gusti con cui mi identifico, faccio parte di questo gregge, non sono diverso dagli altri: se ti ritrovi nei miei gusti potremo essere amici.
Perfettamente calzante a questo proposito è la definizione di José Ortega: "Massa è tutto ciò che non valuta sé stesso - né in bene né in male - mediante ragioni speciali, ma che si sente 'come tutto il mondo', e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri".
Ma cosa spinge invece un "adulto giovane dentro" a questa pratica feticista? Beh, direi che la risposta è intrinseca nella definizione, ma per dirla più poeticamente con Jacques Brel: "Il nous fallut bien du talent / Pour être vieux sans être adultes" (ma ce n'è voluto del talento / per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti).

Sulla fattura degli oggetti (che si evince bene anche dalle foto) possiamo usare inesorabilmente la definizione: "action figures dei poveri". Queste plasticacce nulla hanno a che vedere con quelle e vere e proprie statue che si trovano nei negozi di fumetti e gadget, o alle fiere dei fumetti, e che hanno prezzi da centinaia di euro.
Già in precedenti pagine avevo commentato e postato immagini di analoghe figures per Geppo e per Misaka Mikoto.

La sequenza di presentazione è in ordine scrupolosamente cronologico.
Cliccare per vedere ingrandite le immagini


Obelix Obelix

Obelix non è grosso, è solo un po' robusto.
Obelix è un ghiottone, un vero e proprio gourmand.
Obelix ha un cane, Idefix, che ama molto.
Obelix è uno scultore, è specializzato in menhir.
Insomma: Obelix è molto più simpatico di Asterix, quello spocchioso nanetto single e senza neanche un animale di compagnia che non si sa che lavoro faccia. Il cocco di Panoramix non sarebbe nessuno senza la sua spalla, il buon Obelix, che a questo punto possiamo considerare la colonna portante del racconto.
(Tutta questa tirata era solo per spiegare la mancanza di una statuetta di Asterix)

Per il resto la celebre opera dei compianti René Goscinny e Albert Uderzo non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Nata nel 1959 come fumetto, o meglio come bande dessinée, l'epopea del villaggio gallico dell'Armorica che ha resistito strenuamente alla conquista romana grazie alla pozione magica del druido Panoramix è successivamente stata trasposta in film e videogiochi entusiasmando generazioni intere, e non solo di bambini.

Lupin III Goemon Ishikawa Daisuke Jigen

La rivoluzione!
Fino agli anni '70 dello scorso secolo i cartoni animati erano per la stragrande maggioranza "made in USA". C'era forse qualche eccezione, ma a me ne viene in mente una sola: Bruno Bozzetto. Un'eccezione per intenditori: il signor Rossi, "West and soda", "Vip - Mio fratello superuomo", "Allegro non troppo" erano, e sono ancora, prodotti per palati fini, non certo cartoni animati per la massa.
Poi all'improvviso sono arrivati Goldrake, Lupin III, Capitan Harlock e fu la rivoluzione, una ventata di aria fresca nel mondo ormai un po' stantio dell'animazione.
Non era ancora l'epoca d'oro delle sigle dell'amata Cristina D'Avena, ancora acerba all'epoca (il suo meglio lo sta dando forse proprio ai giorni nostri), però anche quelle sigle sono indimenticabili e paradossalmente anche i giovani le conoscono.

La statuina di Lupin in foto rispecchia quello che è diventato poi lo standard, il Lupin universale clonato anche dai moderni cosplayer: il Lupin in "giacca rossa". Per i nostalgici come me, o se preferite per gli snob che vogliono atteggiarsi ad esperti, il Lupin migliore è la versione "giacca verde", quello della prima serie.

Zerocalcare Zerocalcare

Finalmente qualcosa di recente, finalmente qualcuno di giovane, finalmente qualcosa di italiano: signore e signori ecco a voi Zerocalcare, al secolo Michele Rech. Se Lee Majors era l'uomo da sei milioni di dollari, questo è l'uomo da un milione di copie (vendute beninteso).
Sotto la statuina c'è riportato il titolo "Natale a Rebibbia", ma a me ha fatto subito pensare al volume "A babbo morto. Una storia di Natale". In effetti non c'azzecca niente, a parte il pacco dono e il cappellino da Babbo Natale non c'è niente altro che dovrebbe collegare libro e statuina, ma l'effetto Natale ha sempre il sopravvento nelle mie sinapsi.
A dirla tutta anche lo sguardo truce non c'entra niente col buon Michele: in tutte le interviste e filmati vari che ho visto ha sempre la faccia da buono, al limite a volte un po' scandalizzato e deluso, ma sempre buono. Il dono portato con una faccia così suggerisce più un pacco bomba che un pacco di Natale, e il contrasto che ne deriva è fantastico.
Contrasto amplificato dalle ciabatte che danno un tocco finale di massima originalità e umorismo: da una semplice statuetta non si poteva pretendere di più.

Il confronto

Innanzi tutto diciamo che questi tre mondi sono accomunati da un fil rouge importante: sono nati tutti come fumetti ("manga" per i "giapponofili") per poi raggiungere il grande successo come cartoni animati ("anime" per i "giapponofili").
Poi notiamo che la sequenza cronologica coincide anche con quella del target di riferimento. Intendiamoci: sono prodotti piacevolmente fruibili a tutte le età, però Asterix è forse un po' più indirizzato ad un pubblico infantile, mentre Lupin III ad un pubblico adolescenziale e infine Zerocalcare punta ad un pubblico adulto, magari giovane, ma adulto (e aggiungerei anche forse leggermente sconsigliato ai bimbi).
Ma il confronto più interessante a mio avviso emerge dai contenuti rapportati alla provenienza.
Potremmo iniziare come nelle peggiori barzellette, tipo quella del Fantasma Formaggino: "ci sono un francese, un giapponese e un italiano ...". E qui comincia il bello: solo il compianto Monkey Punch era interamente giapponese. René Goscinny era figlio di immigrati polacchi, Albert Uderzo era figlio di mmigrati italiani e infine il buon Zerocalcare ha la mamma francese (e in Francia c'è pure cresciuto mi dice Wikipedia).
Se posso permettermi di trarre una piccola conclusione da questo direi che il genio nasce dalla mescolanza. E per quello che che riguarda Monkey Punch la mescolanza è nell'opera: Arsenio Lupin III ha radici francesi, Daisuke Jigen sembra un clichè dei gangster americani sia nei vestiti che nella scelta delle armi e solo il buon Goemon Ishikawa XIII oltre ad essere pefettamente giapponese è anche "il ritratto del perfetto samurai". Infine tutti e tre girano su un'auto che possiamo definire tranquillamente l'icona delle auto italiane: la Fiat 500, quella "vera"!
Infine per quanto possano sembrare distanti questi tre mondi, possiamo dire che i singoli personaggi sono dei ribelli: Obelix e gli altri abitanti del villaggio si ribellano al dominio romano, Lupin e soci possiamo dire tranquillamente che sono ladri che non rubano per i soldi, ma per sfida alla società, e infine il buon Zerocalcare, autore e personaggio, nasce nei centri sociali, partecipa al G8, ha un amico, Secco, che è sempre pronto a tirare una bomba carta che fa sempre bene, e potrei continuare a lungo.
Insomma sono ribelli veri, non come quello parodiato dagli Skiantos: "Sono un ribelle, l'ho deciso / E non m'importa di essere capito / Sono un ribelle, mamma / Su vai a letto, non star sveglia nella stanza".
Forse è proprio per questo essere ribelli che ci piacciono tanto.

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