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Ultimo aggiornamento: 09 Maggio 2020 (Floréal - Sarcloir)

Verona Beat, i colori di un'età


Eviterò di spiegare chi sono stati i Gatti di Vicolo Miracoli, e cosa hanno rappresentato con la loro comicità e la loro musica. Per tutto questo rimando all'immancabile Wikipedia.
Per chi non lo sapesse, quindi per i Millenials e per i distratti, dirò solo che "Verona Beat" è stata la loro canzone più famosa, inno dell'Hellas Verona l'anno dello scudetto e sigla iniziale del film pseudo-biografico "Arrivano i Gatti".
Scritta da Nini Salerno e Umberto Smaila, questa meravigliosa canzone introduce il film accompagnando i nostri quattro eroi in un giro in bicicletta tra le meraviglie di Verona. Nel film questo giro ciclistico dovrebbe rappresentare l'itinere verso il lavoro, ma per un qualsiasi veronese che presti attenzione ai posti è un delirio di avanti e indietro, salta di qua e salta di là senza senso. E' giusto così: Carlo Vanzina ha voluto omaggiare la nostra stupenda città cogliendone il meglio, ma siccome la città è sovrabbondante di bellezze, qualcosa si è dovuto sacrificare.

Vecchie favole
Di un'epoca un po' più in là
Colori di un'età

Si entra subito nel vivo con tre versi per tre immagini poetiche più immediate di qualsiasi discorso. Quel "vecchie favole" riecheggia il gucciniano "mi piaccion le fiabe raccontane altre" che il bambino rivolge al vecchio in quella che forse è una delle più famose canzoni del cantautore pavanese dall'album "Radici" del 1972, di sette anni prima quindi di "Verona Beat". Nella canzone di Guccini il vecchio descrive il paesaggio seguendo i suoi ricordi, ma per il bimbo che riesce a malapena immaginare quei paesaggi favolosi, tutto diventa fiaba, immaginazione.
In entrambi i casi non stiamo parlando di un milione di anni fa, ma "di un'epoca un po' più in là", quanto basta perchè i ricordi diventino fiaba, smussino gli spigoli diventando ovattati e rosei. E per chi non c'era diventano fantastici, irreali.
Ma per chi c'era sono appunto i "colori di un età".

Libri e musica
Di un mondo che nasce Beat
Un disco dell'Equipe

Nini Salerno è del '48, Umberto Smaila è del '50, la Musica beat ha la sua massima esplosione a metà degli anni '60: è chiaro che ci stanno raccontando la loro adolescenza, la loro gioventù.
Per un adolescente di un'epoca pre-internet e scarsamente televisiva, "libri e musica" erano tutto.
L'Equipe 84 era ancora agli esordi, la musica straniera faticava ad arrivare, era riportata dai musicisti italiani che un po' copiavano, un po' traducevano e un po' si ispiravano, ma per un giovane era già rivoluzione di costumi ed emancipazione dalla "vecchia" italica tradizione.

L'automobile
Beato chi già ce l'ha
È quella di papà

Se l'emancipazione musicale di allora può far sorridere, che dire di quella fisica? Adesso anche per i figli patentati c'è in media la possibilità di avere qualche mezzo, ma all'epoca già un'auto per famiglia era una conquista sociale.
Muoversi vuol dire conoscere, frequentare, fare esperienze: non era così scontato allora.

Beat Beat cos'era il Beat
Una scuola e una città
Beat Beat Verona Beat
Pugno in tasca e vanità

Onomatopeico: beat vuol dire battere, il termine cantato in modo così ripetuto dà proprio il senso della parola stessa.
Non c'è dubbio quale sia la città a cui fa riferimento il refrain, mentre per la scuola opterei per il Liceo Classico Scipione Maffei, dove sono nati di fatto i Gatti di Vicolo Miracoli.

Poi rinascere
Suonare in un gruppo Beat
Ci si trova il venerdì

Bellissimo l'uso del verbo rinascere: la vita precendente orientata alla scuola, al lavoro, alla famiglia e inquadrata nei valori tradizionali era evidentemente sentita come una sorta di agonia. La musica acquista un valore salvifico, di emancipazione, di creazione di qualcosa di nuovo.
Già cinque anni prima Claudio Baglioni aveva rievocato esordi analoghi in "Oh Merilù": "E fu così che con Gigi con Aldo e con Kiko / Misi su un complessino di quelli beat / Le prove in una cantina per seimila al mese / Un bugigattolo che stava sotto ad un bar". Sappiamo che suonavano "dalle tre fino alle sei", chissà se anche loro si trovavano il Venerdì?

Fughe inutili
Per vedere se ci sei tu
Ginnastica in tuta blu

Se il Gruppo di Baglioni era distratto dalle apparizioni Merilù, qui anche i nostri ci dicono che avevano una lei da visitare. E vorrei ben vedere! Che razza di adolescenti sarebbero stati altrimenti?
Personalmente credo che oltre a tirare più di un carro di buoi, l'oggetto del desiderio crei anche nuove formazioni musicali. L'idea di fondo credo che sia che facendo musica si rimorchia, almeno all'inizio. Poi si scoprono i talenti e si inizia una carriera, ma alla base, all'inizio c'è sempre lei!
L'ultima strofa credo sia difficilmente spiegabile ad un millenials. Allora l'abbigliamento sportivo, ginnastica o allenamento, era unico: la tuta blu, l'equivalente italiano delle divise da ginnastica del partito comunista cinese.

Diario al limite
Tra amore ed oscenità
Noi poeti per metà

E' una strofa assolutamente stupenda.
Con una potenza che solo l'immagine poetica ha, abbiamo questa splendida sintesi dove si conciliano le esplosioni ormonali dell'adolescenza con un romanticismo d'antan. Si sogna il grande amore e nel contempo gli istinti irrompono selvaggi. Unico testimone: un diario.
Ma in tutto questo deflagra anche la necessità di fare arte, in questo caso poesia per descrivere cosa sta succedendo. Ma sempre essendo consapevoli dei propri limiti di apprendisti poeti.
Ma forse la metà a cui si accenna è quella linea di confine tra l'innamorato e il pornografo. Ma esiste poi questa divisione?

Cantautori
Che parlavan di libertà
Col cuore in gabbia

Altro fenomeno musicale che stava nascendo in quegli anni. Il termine cantautore Francesco Guccini l'ha in più occasioni associato al termine "camelopardo" con cui nel medioevo chiamavano la giraffa non sapendo come altro chiamarla: un incrocio tra una cammello (come fisico) e un leopardo (come colore).
Ma al di là che cantanti autori delle proprie canzoni ce n'erano sempre stati anche in Italia, si era sentito la necessità di battezzare questi nuovi cantanti perchè con i loro testi uscivano dalla logica cuore-amore di Sanremo per entrare nella politica, nella cronaca, nelle storie di vita vissuta.
Parlavano di libertà perché il mondo era in fermento, la società si stava rivoluzionando. E anche il Beat stava facendo la sua parte.

Beat Beat cos'era il Beat
E l'America è sempre là
Beat Beat Verona Beat
La tua curiosità

Beat Beat cos'era il Beat
Un milione di perché
Beat Beat cos'era il Beat
Non so ancora che cos'è

Ancora il refrain, onomatopeicamente battente, ci interroga e si interroga.
"Chiedi chi erano i Beatles" cantavano gli Stadio.
Panta rei, tutto scorre, e il Beat è andato, i giovani non sanno più cos'è, ma evidentemente neanche i Gatti che l'hanno vissuto sanno ancora che cos'è.

Poi un brivido
Il tempo che andava via
Un minuto di follia

Richiama quasi le ricordanze del Leopardi: "e intanto vola / il caro tempo giovanil, piú caro".
Per molte persone la vita vera, la vita vissuta intensamente è quella della giovinezza, diciamo più o meno dai sedici ai venticinque anni.
"Quella era musica, non le schifezze che fanno adesso", "allora sì che c'erano dei bei programmi in televisione, non queste stupidate", "si stava meglio quando si stava peggio" e cretinate analoghe sono riferite sempre immancabilmente alla loro giovinezza. Il dubbio insito in quest'atteggiamento è che forse quelle persone si sono fermate lì: non hanno più provato nulla, sperimentato nulla, imparato nulla.
O forse la giovinezza è veramente un momento magico ed è per questo che lascia un ricordo indelebile.
Però, per fortuna, poi si cresce.

Oggi in sciopero
Per la fame nel Bangladesh
Dopo un'ora si resta in tre

Spiace dirlo ma l'oggetto di questo verso non è il vero dramma del Bangladesh, che purtroppo ha avuto ricorrenti crisi umanitarie.
L'oggetto sono gli scioperi scolastici, palesemente inutili ai fini ufficiali che si prefiggevano, ma utilissimi per avere una giornata di vacanza in compagnia.
Bellissimi ma divisivi: le due schiere erano i più coraggiosi da una parte e i più responsabili (o timorosi dei genitori) dall'altra. Il risultato numerico in questo caso parla chiaro.

Senza un gemito
La provincia moriva al bar
Paura di volare

Questo è un verso che vale da solo l'intera canzone. Come commentarlo? La prosa non avrà mai la forza di dire quello che la poesia trasmette chiaramente.
L'eversione era soprattutto cittadina, la provincia giaceva assonnata al Bar Sport, tra discorsi inutili e noia latente. Quel "senza un gemito" associato alla morte è una resa incondizionata e rassegnata: l'abbiamo già detto, la giovenizza fugge via, vogliamo trascorrerla noiosamente al bar o vogliamo costruirci dei ricordi veri, importanti? Vogliamo creare qualcosa o annegare i nostri anni migliori in "futilità pettegole" di guccianiana memoria? La paura di volare costringe al proprio territorio, alle solite persone, limita gli orizzonti.

Suoni e lacrime
La rabbia usciva così
Da una chitarra

Splendida chiosa: la musica non è stata solo musica, è stata una crescita.
Una crescita a suoni e lacrime fatta attraverso un mezzo più potente ancora di un areoplano: la chitarra.

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I luoghi del filmato


Qui sotto il percorso fatto nel video, ovvero nella sigla iniziale del film "Arrivano i gatti", che si può trovare a questo indirizzo (anche se con Youtube non si può esser mai certi di nulla).
Il luoghi sono sempre più o meno quelli, in fondo sono passati solo quarant'anni, ma lo spirito è decisamente diverso. Il video è del 1979, le mie foto sono state fatte in fase 2 della quarantena 2020. Diciamo che non ho faticato a trovare inquadrature senza tante auto e persone.
Una curiosità, una cosa di cui secondo me nessuno si è accorto: l'inquadratura dei nostri ciclisti che passano davanti a Castelvecchio è stata fatta necessariamente secondo me dall'imbocco del vicolo Miracoli, che ha dato il nome al gruppo.

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