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Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare,
l' odore quasi povero di roba da mangiare,
lo vedo nella luce che anch' io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da trenta candele,
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani:
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani.

(Francesco Guccini, "Il pensionato")

Ultimo aggiornamento: 24 Ottobre 2020 (Brumaire - Poire)

Tra l'ironia e la poesia: gli umarells di Danilo "Maso" Masotti (e di Guccini)

Quando l'ironia si coniuga in bianco e nero

Per antonomasia l'umarell è il classico vecchietto pensionato che si ferma a guardare i cantieri con le mani dietro la schiena, spesso dispensando anche consigli su come fare i lavori. Non inganni la "s" del plurale usato nel titolo: il termine non è assolutamente anglofono, ma bolognese e significa omarello, ometto, omino.
Danilo Masotti completa però questa definizione molto specifica, e arriva a definire un umarell a tutto tondo. Nella lettura si evince tra le righe (e tra le foto) che se tutti gli umarells sono pensionati, non tutti i pensionati sono umarells.
La struttura del libri è semplice: una foto per pagina, un titolo tranchant per foto e un'amorevole descrizione della situazione ma, in virtù di quest'analisi a tutto tondo, le foto degli umarells in azione nei cantieri sono molto poche. Abbiamo piuttosto l'umarell che fa la spesa, che tiene i nipotini, che guarda i manifesti elettorali, che si sveglia, che fa la grigliata, e così via.
L'umarell ha sempre le idee chiare: in politica, sui lavori del cantiere, sull'amore (è perfettamente monogamo), sugli incidenti automobilistici, sulla spesa, su tutto insomma. E' attivissimo: comincia la sua giornata la mattina presto, ha sempre energie per i nipotini e per le sagre.
Non è il pensionato del ceto medio alto (ma vanno mai in pensione quelli?), e non è neanche il pensionato colto, tipo ex insegnante o comunque laureato. E' un pensionato che viene dal basso, alla buona, quasi dispiaciuto di non poter più essere attivo (e togliamo pure il "quasi").
I testi che accompagnano le foto sono sempre molto ironici, ma allo stesso tempo trasudano un amore profondo per questi uomini. Le foto in bianco e nero rendono certamente meglio che se fossero a colori: richiamano l'età dei soggetti e la semplicità delle situazioni, danno quella sensazione ovattata di una vita senza più grandi aspirazioni.
Da segnalare che oltre ai libri (c'è n'è più di uno) scritti dall'autore sugli umarells, su Youtube (non so se anche su altre piattaforme) c'è un suo mini-documentario che oltre alle foto riporta anche interventi filmati di umarells doc, ovvero bolognesi come il termine.

Altre due segnalazioni, sempre sulla stessa piattaforma di audiovisivi:
- In uno dei filmati del Milanese Imbrutttito (il titolo è "La famiglia imbruttita" se non ricordo male) c'è il nonno, milanese quindi avanti coi tempi, che sta assistendo in piedi davanti al televisore con le mani dietro la schiena ad un reality sui cantieri. Insomma ci si modernizza ma il concetto resta.
- L'ultima frontiera del marketing invece sembra essere quella di Burger King che in un filmato racconta l'esperimento fatto (ma si potrebbe anche parlare di performance) mettendo un annuncio per reclutare cinque umarells a cui "affidare" un cantiere per un nuovo ristorante. Nel filmato si vedono i (primi?) cinque che hanno aderito recarsi sul cantiere, indossare casco e giubbotto e applicarsi a sferzare i lavori col megafono.


Gli umarells nella musica leggera

Per continuare il discorso di influenza degli umarells nella cultura, quest'anno è uscito "L'umarell" il nuovo singolo di Fabio Concato. La canzone è incentrata sulla quarantena, e nel testo l'umarell appare quasi come spirito consigliere:

L’umarell sempre qui e mi guarda
E mi dice: “cosa fai con le mani in mano?”
Gli rispondo: “cosa posso fare in quarantena?”
“Io non lo so, sei tu che suoni il piano!”

E anche se Baglioni nel 1981 forse non conosceva ancora il termine umarells, era sicuramente a questi che pensava ne "I vecchi":

I vecchi sulle panchine dei giardini
succhiano fili d'aria e un vento di ricordi
[...]
i vecchi che si addannano alle bocce
[...]
i vecchi vecchie canaglie
sempre pieni di sputi e consigli

Ma è sicuramente con Guccini che ci avviciniamo di più al ritratto perfetto. Se ne "Il vecchio e il bambino" ne troviamo una descrizione sognante, "I vecchi subiscon le ingiurie degli anni, / non sanno distinguere il vero dai sogni, / i vecchi non sanno, nel loro pensiero, / distinguer nei sogni il falso dal vero...", ne "Il pensionato" la descrizione è perfetta:

Lo sento quando torno stanco e tardi alla mattina
aprire la persiana, tirare la tendina
e mentre sto fumando ancora un'altra sigaretta,
andar piano, in pantofole, verso il giorno che lo aspetta
e poi lo incontro ancora quando viene l'ora mia,
mi dà un piacere assurdo la sua antica cortesia:
"Buon giorno professore. Come sta la sua signora?
E i gatti? E questo tempo, che non si rimette ancora..."

La canzone è dichiaratamente ispirata ad un suo vicino di casa e considerato che viene dall'album "Via Paolo Fabbri 43" (indirizzo assolutamente autentico del maestrone all'epoca), possiamo ipotizzare che l'umarell doc (bolognese come il termine!) abitasse in via Paolo Fabbri 41 o 45. Secondo Guccini quando il vicino in questione scoprì di essere protagonista della sua canzone ne fu enormemente orgoglioso. Eppure il ritratto che ne esce, seppur bello, non è dei più felici.

Io ascolto e i miei pensieri corron dietro alla sua vita,
a tutti i volti visti dalla lampadina antica,
a quell' odore solito di polvere e di muffa,
a tutte le minestre riscaldate sulla stufa,
a quel tic-tac di sveglia che enfatizza ogni secondo,
a come da quel posto si può mai vedere il mondo,
a un' esistenza andata in tanti giorni uguali e duri,
a come anche la storia sia passata fra quei muri...
Io ascolto e non capisco e tutto attorno mi stupisce
la vita, com'è fatta e come uno la gestisce
e i mille modi e i tempi, poi le possibilità,
le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità

Questa non è l'ingenuità gioiosa descritta dal Masotti.
Qui si percepisce un certo squallore che partendo dalla vita del pensionato arriva alla vita tout court. Ma è veramente così per tutti?


Sed modo senectus morbus est

Solo un grande come Ruggeri poteva concepire una canzone di disco music anni '80 come "Tenax", col titolo e il ritornello in latino:

Sed modo senectus morbus est
Carmen vitae immoderatae hic est

"Ma in questo modo la vecchiaia è una malattia / questo è il canto della vita immoderata". La canzone portata al successo dalla quasi dimenticata Diana Est (altro latino) aveva un contesto edonistico di intrattenimenti notturni ("forse è già mattino e non lo so": in discoteca può succedere). Però il senso possiamo estenderlo: è giusto parcheggiarsi in vecchiaia in attesa dell'ultimo viaggio? Non rischiamo di trasformare l'intera vecchiaia in una malattia?
Ovvero tornando a "Il pensionato":

e ancora mi domando se sia stato mai felice,
se un dubbio l'ebbe mai, se solo oggi si assopisce,
se un dubbio l'abbia avuto poche volte oppure spesso,
se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso...

Ecco, secondo me quest'ultima strofa è il fulcro della canzone e della mia divagazione dal libro in questione: "se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso".
Questo voyeurismo da cantiere, con le mani dietro la schiena che indicano la non operatività, che simboleggiano l'agognata pensione, questo osservare quasi invidioso sembra indicare che la vita fosse tutta lì, nel lavoro. Le altre occupazioni, peraltro nobili, ma piuttosto pratiche indicano una mancanza di interessi superiori, un'attesa dell'ultima tappa di "questa cosa che chiami vita", come dice in "Lettera" sempre Guccini.
Ma ce lo dicevano già i dialoghi: "Come sta la sua signora? E i gatti? E questo tempo, che non si rimette ancora". Il tempo: un argomento generale da affrontare con gli sconosciuti. I gatti: sicuramente una passione in comune tra i due. E prima ancora: come sta la sua signora, la formalità per eccellenza con cui cominciare un dialogo.
Nelle strofe successive umilmente il maestrone ammette "ma in fondo chi sono io per giudicare?":

Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti, la sua solitudine o la mia...

Però il tarlo resta.



Autore: Danilo "Maso" Masotti
Titolo: Umarells 2.0
Tipologia: brossura
Dimensioni: 14x19,5 cm
Pagine: 192
Editore: Edizioni Pendragon
Anno di pubblicazione: 2010/13
ISBN: 978-8883428579

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