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- Se tu dovessi riassumere i tuoi insegnamenti
in una frase quale sarebbe?

- La frase sarebbe: "Non posso aiutarvi."

(Capitolo 4, "Tra l'incredulità e la comprensione")

Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio 2023 (Pluviôse - Peuplier)

U.G. Krishnamurti l'anti-guru

Giusto per incuriosire il lettore - I due Krishnamurti - La calamità - Lo stato naturale - Il messaggio in sintesi - Mi consenta ... (similitudini) - Le mie non considerazioni

Giusto per incuriosire il lettore

Per definire il libro e quindi l'autore, Uppaluri Gopala Krishnamurti, e il suo pensiero mi verrebbe spontaneo usare l'espressione inglese "blow your mind", che se tecnicamente viene tradotta con "stupire", "meravigliare", letteralmente si traduce con "soffiare la mente". Ecco quest'ambiguità, un incrocio tra le due traduzioni, o meglio ancora tenerle buone entrambe, mi sembra che possa rendere bene l'idea: questo libro vi stupirà, vi soffierà la mente!
Lo inserisco con un effetto di par condicio un paio di mesi dopo aver parlato del libro di Goleman e Davidson "Altered traits", che descrive gli effetti (positivi) della meditazione rilevati scientificamente. Qui siamo esattamente all'opposto: secondo U.G. (per brevità mi riferirò all'autore così da qui in poi) la meditazione non solo non funziona e serve solo a perdere tempo, ma se funzionasse veramente farebbe danni, porterebbe in manicomio.
Un'ultima annotazione che ormai mi trovo a mettere sempre più spesso: il titolo è sbagliato, è fuorviante, sembra essere messo lì solo per raccogliere acquirenti a rischio di deluderli. Cosa significa "Il fascino dell'illuminazione"? L'incipit del libro è chiaro: "La gente mi chiama illuminato, ma io detesto questo termine", e nel proseguo ci riferisce poi di non sapere se esiste qualcosa come l'illuminazione, e quando descrive la sua esperienza ci dice esattamente "non posso dire che ero rinato né che ero stato illuminato". Quindi, detto questo, se U.G. chiama lo stato che ha raggiunto "stato naturale", perché usare il termine "illuminazione" nel titolo?
Inoltre mi sembra anche che parlare di "fascino" sia piuttosto discutibile, visto che lui stesso definisce quest'esperienza la "calamità". Certo, anche le calamità possono essere affascinanti, però ...
Per fortuna i titoli folcloristici che vogliono essere d'effetto per le vendite non pregiudicano i contenuti. Contenuti che nel nostro caso sono delle trascrizioni di varie interviste fatte a U.G. tra Europa e India negli anni '70 e '80. Le stesse (o forse simili, ma i contenuti sono quelli) si possono trovare in video, ad esempio su Youtube, anche doppiate o sottotitolate in italiano. Personalmente però preferisco il libro, che sicuramente è più completo, e quindi ringrazio comunque l'editore e lo perdono per il titolo fallace.

I due Krishnamurti

Sintetizzo brevemente la sua biografia come la racconta e come è stata integrata nel libro perché non c'è praticamente nulla su Wikipedia in Italiano.
U.G. è rimasto orfano di madre subito dopo la nascita ed è cresciuto con i nonni materni. Pare che la madre prima di morire avesse detto che lui "era nato per un destino incommensurabilmente alto" e suo nonno prese sul serio questa profezia. Suo nonno era ortodosso da una parte ma era molto legato alla teosofia dall'altro e fu così che, cercando di introdurre il nipote nello stesso ambito, U.G. ebbe a che fare con Jiddu Krishnamurti. Come U.G. racconta nel libro, Krishnamurti è un nome molto comune e i due non erano parenti.
Jiddu era, come U.G., appartenente alla casta dei brahmini, ed era stato allevato nel seno della teosofia perché avevano previsto anche per lui un futuro luminoso. Come dice Wikipedia: "In seguito, nell'ambiente teosofico [Jiddu] Krishnamurti fu considerato l'ultimo 'iniziato vivente' o 'maestro mondiale', denominato Lord Maitreya, in attesa della venuta del futuro Maitreya, ma egli rinunciò a questo titolo abbandonando la Società".
Restò comunque un pensatore, un filosofo, un conferenziere con molti seguaci e girò mezzo mondo (compresa Pergine Valsugana). Tra i vari seguaci per sette anni ci fu pure U.G. introdotto, come si diceva, dal nonno all'ambiente teosofico; ma il buon UG ad un certo punto realizzò che stava perdendo tempo:

Una volta gli dissi: "Tu hai scelto il gergo psicologico del momento e cerchi con questo di esprimere qualcosa attraverso questo gergo. Adotti l'analisi ma arrivi al punto che analisi non è. Questo genere di analisi paralizza la gente, non l'aiuta. Mi paralizza. La mia domanda era sempre la stessa, cos'è quello che hai?
[...]
Io volevo alcune risposte dirette ed oneste sul suo ambiente che lui non mi dava in maniera soddisfacente, e quindi alla fine insistei: "Allora c'è qualcosa dietro a tutte queste astrazioni che mi butti addosso?" e lui mi rispose: "Non sei capace di trovarlo da solo?" Fine. E fu la fine della nostra relazione. "Se io non sono capace di trovarlo, tu non sei capace di comunicarmelo. Cosa diavolo stiamo facendo? Ho buttato via sette anni. Addio, non voglio più vederti:" e me ne andai.

In realtà lo rivide. Molto tempo dopo degli amici cercarono di trascinarlo ad una conferenza a pagamento di Jiddu e lui declinò, poi una seconda volta che era gratis riuscirono a portarlo ma lui dopo un po' se ne andò.

La calamità

Il nonno era avvocato, quindi benestante se non ricco, e U.G. si trovò con una certa fortuna a disposizione. Si sposò, ebbe quattro figli e cominciò a girare il mondo facendo anch'egli conferenze fino al 1961. A Londra in quell'anno fu investito da una profonda crisi: mise la famiglia su un aereo e la rispedì in India, ponendo di fatto fine al suo matrimonio, poi cominciò a vagare e lo fece per tre anni sviluppando quello che definisce un "appassimento della volontà". Andò in Francia e poi finiti i soldi cercò di andare a Zurigo, in Svizzera, dove aveva un conto, ma sbagliò treno e si trovò a Ginevra. Qui non avendo più i soldi neanche per mangiare, andò all'Ambasciata Indiana chiedendo di essere rimpatriato. Ovviamente gli dissero che non potevano farlo, ma gli diedero se non altro un pasto caldo il giorno dopo e qui conobbe un'impiegata, Valentine de Kerven, che si prese cura di lui.
Durante questo periodo in cui abitò con Valentine accadde quella che lui chiama la calamità. Un giorno in cui stava molto male, mentre stava sdraiato sul divano, "ci fu uno scoppio di tremenda energia", sentì un dolore fortissimo che cominciò dal pene e attraverso la colonna vertebrale raggiunse il cervello risvegliando, riattivando, quelle che le filosofie indiane identificano come chakra ma che lui preferisce chiamare semplicemente ghiandole.
"Tutto il processo, il processo di morte, durò quarantanove minuti. Fu come una morte fisica, mi accade anche ora", Restò in questo stato per otto giorni, poi per un po' di tempo restò spaesato, non sapeva riconoscere gli oggetti, non sapeva dov'era, poi con l'aiuto di Valentine pian piano riprese un comportamento normale, che però normale non era più, era quello che lui chiama lo "stato naturale".

Lo stato naturale

Se il messaggio, la weltanschauung descritta nel libro è in generale chiara, la parte non proprio chiara è (logicamente!) la descrizione di quello che è lo stato naturale. Questa descrizione non è chiara perché questo stato non può per definizione essere descritto, in quanto legato ad una condizione fisica diversa, che genera percezioni diverse e che secondo U.G. è diversa da persona a persona.

il tempo scorreva quando mi accorsi di queste cose sulla schiena. Quindi anch'io ero parte di tutto questo, non lo dico per giustificarmi, ma è perché la consapevolezza non può essere divisa. Tutto quello che accade là ha effetto su di te. Questo è l'avere effetto capisci? Non è questione di stare seduto a giudicare. La situazione è così e tu ne subisci l'effetto. Tu subisci l'effetto di tutto ciò che accade anche là. [...] Tutto quello che accade nel tuo campo di consapevolezza.

Si potrebbe pensare che questo stato rappresenti l'illuminazione, il raggiungimento della moksa, ma non è così:

Non posso dire che ero rinato né che ero stato illuminato, ma le cose che mi avevano stupito quella settimana, i cambiamenti del gusto, della visione e gli altri, erano diventati permanenti io li chiamavo "calamità" perché dal punto di vista di uno che pensa che sia fantastico, confortevole, pieno di beatitudine, amore, estasi e tutto questo genere di cose, tutto questo è una vera tortura.

Quindi come si potrebbe definire?

La vita è consapevole di sé stessa, se posso dire così. E' conscia di sé stessa.
Quando parlo di sentire non intendo quello che pensi tu. In realtà, il sentire è una risposta fisica, un colpo nel timo. Il timo, una ghiandola endocrina, si trova sotto lo sterno. I dottori ci dicono che si attiva nella fanciullezza e fino alla pubertà e poi diventa quiescente. Quando tu arrivi allo stato naturale si riattiva.

Stiamo parlando di esperienze che non sono trasmissibili, un po' come cercare di descrivere i colori ad un cieco dalla nascita. Quindi coerentemente tutte le descrizioni che U.G. fa dello stato naturale, non sono e non possono essere chiare. Al limite possono fornire una vaga idea.

Il messaggio in sintesi ("Non ho messaggi da dare al mondo")

Credo di non tradire troppo il messaggio che scaturisce da U.G. sintetizzandolo in poche frasi.
Questo stato naturale accade: non c'è un percorso, non c'è una tecnica, non c'è una guida, non si può raggiungere da soli. Se qualcuno afferma di averlo raggiunto, non può insegnarlo ad altri, e coerentemente U.G. invitava le persone che lo interrogavano ad allontanarsi anche da lui stesso perché, come citato all'inizio di questa pagina: "Non posso aiutarvi". L'unica certezza che dà è negativa: se si cerca questa che liberazione non è, questo stato naturale, nel momento in cui si cerca si va automaticamente nella direzione sbagliata, perché questo desiderio è di per sé un pensiero, e lo stato naturale è di per sé un distacco dai pensieri, è una consapevolezza che non ha niente a che fare con la consapevolezza razionale data dai pensieri.

Noi viviamo tutti in una "sfera di pensiero". I tuoi pensieri non sono i tuoi, essi appartengono a tutti. Ci sono solo pensieri, ma tu crei un contro-pensiero, il pensatore, con il quale leggi ogni pensiero. Il tuo sforzo di controllare la vita ha creato un secondario movimento di pensiero dentro di te, che tu chiami 'Io'. Questo movimento di pensiero dentro di te è parallelo al movimento della vita ma isolato da essa, non può mai toccarla. Tu sei una creatura viva eppure conduci la tua vita intera con esso ne regno dell'isolato, parallelo movimento di pensiero. Tu ti tagli fuori da solo dalla vita: questo è qualcosa di veramente innaturale.

Nessun guru, nessuna tecnica, nessuna religione può aiutare. In particolare è molto duro quando parla dell'India: tanti anni di preziosissimi insegnamenti, profonda saggezza, tecniche invidiate dal resto del mondo a cosa hanno portato? Basta andare negli slum per rendersene conto.
Ancora più netto su Sai Baba: se è un avatar quali sono i suoi risultati? In realtà per Sai Baba come per altri, U.G. non nega a priori che possano aver raggiunto lo stato naturale, o comunque un maggior grado di consapevolezza, ma si dice certo che in ogni caso non possono trasmetterlo.
Per Jiddu, che a differenza di Sai Baba conosce bene, non è molto possibilista: si mette quasi a ridere quando lo tirano in ballo.
Infine sulle religioni è tranchant: non servono a niente, non portano da nessuna parte.

Mi consenta ... (similitudini)

Mi permetto di aggiungere del mio, e me lo permetto perché U.G. stesso lo permette:

Il mio insegnamento, se vi piace chiamarlo così, non ha copyright. Siete liberi di riprodurlo, diffonderlo, interpretarlo, fraintenderlo, distorcerlo, alterarlo, potete farne quel che vi pare, potete anche pretendere di esserne voi gli autori, senza bisogno di chiedere né il mio consenso, né il permesso di chiunque altro.

Qui siamo decisamente anche più avanti del copyleft!
Quindi, sicuro di averlo frainteso e sicuro a mia volta di essere frainteso, mi permetterei di dire che ci sono dei "déjà entendu", dei "già sentito", che non vuol dire perfette sovrapposizioni di vedute.

Direi che con U.G. possiamo parlare senz'altro di nichilismo, e in purezza: un nichilismo che arriva quasi a negare anche sé stesso, e quindi non solo per i contenuti, ma anche per alcune espressioni viene spontanea l'associazione con Nietzsche.
In "umano troppo umano" scopriamo ad esempio che "Le convinzioni sono nemiche della verità più pericolose delle menzogne" che riecheggia con quanto stiamo dicendo sul nostro autore.
Poi il concetto di U.G. sopra riportato del pensiero come parallelo alla vita ("Tu ti tagli fuori da solo dalla vita"), lo ritroviamo continuamente in Nietzsche che insiste e ritorna sul concetto di vita, di come troppa storia ci impedisca di vivere, di come l'apollineo ci abbia allontanato dalla vita, mentre il dionisiaco ci avvicina. Di come per vivere veramente la vita dobbiamo eliminare tutte le sovrastrutture, a partire dai libri, dagli insegnamenti, dalla religione: "Non si deve andare in chiesa se si vuol respirare aria pura" ("Al di là del bene e del male").
Per paradosso però le religioni che si devono rifiutare secondo U.G. ci suggeriscono le stesse cose che suggerisce lui, e un'altra grossa assonanza la troviamo infatti con Línjì Yìxuán:

Seguaci della Via, se volete percepire il Dharma nella realtà, semplicemente non vi fate ingannare dalle opinioni illusorie degli altri. Qualsiasi cosa incontriate, sia all'interno o all'esterno, 'uccidetela' immediatamente: incontrando un buddha uccidete il buddha, incontrando un patriarca uccidete il patriarca, incontrando un arhat uccidete l'arhat, incontrando i vostri genitori uccidete i vostri genitori, incontrando un vostro parente uccidete il vostro parente, e raggiungerete l'emancipazione. Non attaccandovi alle cose le attraversate liberamente.

Probabilmente U.G. per completezza direbbe "incontrando un membro della scuola Rizai uccidetelo", o forse meglio, meno metaforicamente, "girategli le spalle e andatevene". Eppure il processo che U.G. ha attraversato prima della calamità, così com'è descritto nel libro, assomiglia molto a questo insegnamento buddista. Quando è arrivato a Ginevra aveva veramente "ucciso tutto", gli erano rimasti solo gli stimoli fisici, come quello della fame.

La famosissima asserzione de "La volontà di potenza" per cui "I fatti non esistono, esistono solo interpretazioni", la troviamo qui esplicitata in modo quasi scientifico, quando U.G. subito dopo la calamità osserva ma non sa cosa osserva; ha bisogno di qualcuno che gli spieghi, che gli dica quali ricordi, quali pensieri interpretativi ripescare per dare un nome, un significato alle cose.
Conoscendo almeno un po' Nietzsche e leggendo questo libro le associazioni vengono spontanee. Come non associare, ad esempio, lo stato naturale a quello del superuomo, o oltreuomo come lo chiamano alcuni interpreti? "L'uomo è una fune tesa fra l'animale e il Superuomo, una corda sopra l'abisso" ("Der Mensch ist ein Seil, geknüpft zwischen Tier und Übermensch - ein Seil über einem Abgrunde").
Il concetto basilare per cui conosciamo solo attraverso la memoria, lo spiega bene anche Bergson in "Materia e memoria". Considerando lo schema di Bergson reso da Wikipedia anche graficamente, lo stato naturale potrebbe essere il punto di intersezione, un eterno presente percepito, vissuto così com'è, e il resto del cono verrebbe "richiamato" solo su richiesta, quando serve. Naturalmente è una mia interpretazione per quanto mi è dato di (fra)intendere ciò che viene descritto nel libro.

Le mie non considerazioni

Il pensiero di U.G. Krishnamurti può essere rifiutato o accettato, criticato o lodato, però bisogna ammettere comunque che è lineare, coerente e, per quanto duro, comprensibile.
Quello che invece mi lascia molto perplesso è l'atteggiamento degli intervistatori, di quelli che lo interrogano speranzosi e non si rassegnano alle sue risposte chiare e ai suoi inviti perentori. Ricordano molto gli interrogatori di sospettati nei film, quando il poliziotto di turno partendo da un presupposto di colpevolezza cerca di estorcere la verità ignorando le dichiarazioni di innocenza del malcapitato (o forse del colpevole) di turno.
Insomma U.G. non dà le risposte che volevano sentirsi dare e sperano insistendo di coglierlo in fallo, di estorcergli il suo segreto. Personalmente, dopo aver letto il libro e visti alcuni filmati, penso che fosse simpatico: se ne avessi avuto l'occasione sarei andato a sentirlo per curiosità (l'unica motivazione che accettava) e sarei potuto anche andare al cinema o a mangiare una pizza con lui. Ma insistere con domande a cui aveva ampiamente già risposto, questo no.

Se Nietszche aveva soggiornato parecchio in Liguria (a Rapallo come pure Ezra Pound), Uppaluri Gopala Krishnamurti non solo ci ha soggiornato ma è anche morto lì, a Vallecrosia in provincia di Imperia. Di lui non restano scritti se non le trascrizioni di alcune sue interviste, come nel caso di questo libro.
(Quindi alla fine ringrazio gli "insistenti" che hanno posto le domande).

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Autore: U.G. Krishnamurti
Titolo: Il fascino dell'illuminazione
Tipologia: brossura
Dimensioni: x cm
Pagine:
Editore: OM Edizioni
Anno di pubblicazione: Febbraio 2020
ISBN: 978-88-32299-48-9
Prezzo: 16 Euro

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