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Ultimo aggiornamento: 25 Marzo 2020 (Germinal - Poule)

Religione e cucina: Comida de santo

Il Candomblé brasiliano notoriamente trae le su origini dal paganesimo Yago-Yoruba principalmente, ma anche Bantu e di altri gruppi etnici, ed è stato importato in Brasile dall'Africa occidentale (Nigeria, Togo, Congo) insieme agli schiavi. Possiamo considerarlo analogo, se non addirittura molto affine, alla Santeria cubana e al Vudù haitiano.
Col supremo creatore Olorun, che non ha un culto proprio e che non ha contatti con gli esseri umani, fanno da tramite le altre divinità, gli Orisha (orixás em português) che vengono invocati nelle cerimonie del Candomblé. E a questi dei vengono anche offerte delle "comidas", ovvero delle pietanze, dei cibi, specifiche per ciascuna Orisha.
Da qui il libro che ne specifica anche le relative ricette senza mancare però anche di fare degli approfondimenti, direi di buon livello, sulla religione in sè.

Il libro

Il volume di agili dimensioni oltre a prestarsi come ricettario, ha anche delle significative immagini in b/n e, soprattutto, ha un'interessante analisi di tutto il culto vista sia dall'alto, cioè da un punto di vista culturale antropologico e storico, sia dal basso, cioè dal punto di vista di chi non guarda con superiorità, ma con partecipazione, e forse anche con fede, tutto l'insieme di pratiche e credenze.
Come viene evidenziato all'inizio del libro il Candomblé può essere diretto anche da uomini (e avremo quindi un pai-de-santo) ma a renderlo famoso sono state le donne (e nella maggior parte dei Candomblé abbiamo infatti una mãe-de-santo) con "le loro gonne di pizzo e fiori, i loro braccialetti, le loro balangandãs [accessori di metallo di bigiotteria che hanno funzione di amuleti] e la loro cucina".
E da quest'ultima scaturisce il punto focale del libro: la cucina intesa non (solo) come attività edonistica e nutrizionale, ma come vera e propria attività sacra.
Nel secondo capitolo del libro questo fatto viene spiegato come un sincretismo: come in Brasile c'è stata un'unione delle tre razze, afro-luso-amerindia, c'è stata anche un'unione dell'alimentazione e del misticismo (nutrimento dell'anima). Riferendosi alle tre razze le autrici fanno riferimento alla teoria teosofica (ma portata avanti anche da Steiner, quindi anche antroposofica) che identifica gli africani come discendenti del perduto continente di Lemuria. Sulla validità di questa teoria la scienza avrebbe qualcosa da dire, ma qui non parliamo di scienza, casomai di poesia.

In dettaglio

Riassumendo brevemente il libro c'è una prima parte un po' più pratica, con tanto di ricette, mentre la seconda parte è un po' più teorica e parla di tutto il resto che riguarda il culto, per quanto le piccole dimensioni del libro lo consentano. Nella prima parte i primi due capitoli si incentrano sulle pietanze degli orixá principali, il terzo invece parla del Candomblé dei "caboclo". I caboclo sono persone di origini miste, brasiliane indigene ed europee, e di conseguenza il Candomblé che ne deriva accetta l'incorporazione di divinità indigene.

Nell'introduzione della seconda parte c'è una questione fondamentale: di suo il Candomblé sarebbe iconoclasta, è stato il sincretismo religioso a creare le immagini e le statue che oggi lo caratterizzano. Quindi apriamo una piccola parentesi per vedere approfondire questo sincretismo.
Come paganesimo, questa religione è stata repressa dagli europei, e così obtorto collo gli schiavi africani per poter seguire la propria religione hanno fatto una mirabile opera di sincretismo facendo coincidere ai propri dei una o più figure di santi cristiani, spesso indifferentemente maschili o femminili (gli dei non hanno sesso).
Abbiamo così Olorun che può essere per le sue caratteristiche associato a Dio, inconoscibile e inavviccinabile dagli uomini. Gli orixá immediatamente successivi, più importanti, sono Odùduwà (la madre terra) e Obatala (con la sua veste di cielo, creatore del mondo), quest'ultimo è associato a Gesù e in particolare a Nosso Senhor du Bonfim a Salvador. Poi abbiamo Exu, il mercurio degli dei africani, il primo orixá ad arrivare durante le cerimonie, il tramite tra le divinità e gli uomini, che è associato a Sant'Antonio ma è spesso raffigurato nelle statue come il diavolo, poi Ogum principalmente associato a San Giorgio (tutti gli orixá hanno più santi associati). E ancora Iemanjá associata a Nostra Signora, la Madonna, e Iansã associata a Santa Barbara, e così via.

Tornando alla seconda parte del libro, nel quarto capitolo sono spiegate le associazioni tra gli dei e i colori, nonchè tra gli dei e i metalli. La spiegazione (pseudo) fisica che viene data è che tutto è vibrazione, tutto è radiazione, per cui le giuste associazioni creano armonia e sono benefiche.
Nel capitolo successivo sono analizzate le mitologie antiche, verificandone le affinità con il Candomblé, e in particolare le mitologie: egizia, mesopotamica, greca, romana, celta, zoroastrismo, germanica/scandinava, indiana, azteca, incas e africana. Il tutto brevemente altrimenti il libro sarebbe risultato un tomo veramente importante.
Un breve capitolo di chiusura con la descrizione di alcune cerimonie chiude il libro.

Dendè, pepe e miele

"Nel dendè, nel pepe e nel miele ci sono i segreti del santo, l'origine della cena degli dei".
E in effetti si comincia proprio dagli acarjè, cari a Iansã, al dea guerriera. Questi panetti si possono trovare ovunque per strada in Bahia, fritti al momento e farcinti con stuzzicanti salse (volendo anche non piccanti: ma che senso ha?). La pasta è fatta coi fagioli, ma il vero segreto è il dendè, presente nell'impasto ma sopratutto suo è l'olio in cui sono fritti.
Anche il mais cotto col miele è gradito a questa dea, mentre quello arrostito sempre col miele è per Oxóssi. Il Bobò invece è una pietanza che Iansã condivide con Xangô: un purè di manioca, gamberetti secchi, passata di pomodoro, cipolla, erba cipollina e (naturalmente) dendè.
Per Oxum invece c'è un'appuntamento puntuale: è quello con l'omulucum, un piatto a base di fagioli, gamberetti e dendè.

Chi ha potuto provare la cucina baiana può aver un'idea dei sapori, pur non avendo assaggiato il piatto specifico.
Purtroppo gli ingredienti non sono tutti facilmente reperibili in Italia, ma direi che questo offre una splendida scusa per un viaggio a Bahia!

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Autore: Maria Helena Farelli, Nilza Paes Da Silva
Titolo: Comida de santo (também cozinha baiana)
Tipologia: brossura
Editore: PALLAS Editora e Distributora Ltda
Lingua: portoghese
Dimensioni: 20,5 x 13,7 cm
Pagine: 80
Luogo di pubblicazione: Errege Editora Grafica Ltda, Ramos (RJ) Brasil
Anno: 1980

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Galleria di immagini


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