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Tempesta in un bicchier d'acqua minerale
(Ennio Flaiano su Michelangelo Antonioni)

Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre 2021 (Frimaire - Sapin)

"I peccati delle Bocciofila": un giallo ... ma non troppo

Un giallo molto particolare

Stando a Wikipedia "L'oggetto principale del genere giallo è la descrizione di un crimine e dei personaggi coinvolti, siano essi criminali o vittime [...] Il genere giallo è diviso tradizionalmente in diversi sottogeneri, anche se i confini spesso non sono ben definiti: il poliziesco (in particolare il giallo classico), la letteratura di spionaggio, il noir, il thriller [...]". In base a questa definizione, "anche se i confini spesso non sono ben definiti", si potrebbe far fatica a capire come questo libro sia capitato nella collana "Noir" dell'Espresso.
La citazione di Ennio Flaiano di cui sopra si adatta bene anche a questo libro: sostanzialmente non succede niente di significativo, nessun crimine degno di questo nome, solo alcuni piccoli peccati che, come promesso dal titolo, ruotano attorno al bocciodromo.
E in questo direi che il romanzo si situa agli antipodi della tendenza narrativa più diffusa, anzi ormai omologata: portare tutto all'estremo. Se c'è un film d'azione non ci si troverà di fronte ad una banale avventura, ma si dovrà fare i conti con una possibile fine del mondo. Per i gialli, i polizieschi, non basterà più il classico omicidio (e men che mai un semplice furto!), ma occorrerà un serial killer come minimo.
Personalmente non ho ancora capito se si tratta di una carenza sistematica di idee da parte degli sceneggiatori, che ormai si trovano di fronte ad un mercato saturo di trame con tutti i possibili sbocchi e incroci, oppure se ad essere stato saturato è il pubblico che, dopo aver divorato centinaia se non migliaia di anni di storie e racconti con tutte le trame possibili, cerca disperatamente qualcosa di nuovo.
Personalmente sono in controtendenza: quando sento parlare di serial killer o di possibili apocalissi comincio a sbuffare. La capacità di raccontare, di intrattenere, di offrire una storia che faccia da sfondo a qualche insegnamento, o a qualche immagine poetica, si ottiene anche in modo semplice.
Ovviamente se si è all'altezza di farlo: il vero talento resta sempre una merce tutto sommato rara.
Quindi, in conclusione, arriviamo all'ossimoro: sto facendo spoiler senza rivelare niente. Questo perché, banalmente, non c'è niente da rivelare!
Ma volendo giocare sporco e anticipare la trama in modo brutale, senza rimorsi ne pietà, possiamo dire che siamo a livello dei gialli di Topolino: un pugno in faccia, l'incasso del bar sparito, qualche piccolo ricatto ("lo dico a tua mamma che sei andata all'inaugurazione del bocciodromo di nascosto!") e poco altro; anzi se non fosse per un paio di adulteri, impubblicabili nel mondo Disney, direi che Topolino e Pippo ne han viste ben di peggio.

La tecnica narrativa

La tecnica narrativa usata è esattamente quella, ad esempio, di Dan Brown, con la quale ogni capitolo termina con una frase che lascia il lettore con il fiato sospeso. La differenza però è evidente: mentre lo scrittore statunitense da "più di 200 milioni di copie vendute" preclude a reali colpi di scena conseguenza di complotti millenari, delitti efferati, personaggi potenti e quant'altro consenta di far cassa ammiccando apertamente alla possibilità di trasformare il libro in un blockbuster, nel nostro piccolo paesino del cremonese i colpi di scena sono realmente una "tempesta in un bicchier d'acqua minerale".
Personalmente considero lo scandaloso Dan Brown un registratore di cassa, un Paperon de' Paperoni con il simbolo del dollaro al posto delle pupille: l'indubbio risultato economico lo ottiene con la tecnica, l'astuzia e il prender apertamente di mira la Chiesa Cattolica dando vita a scandali con effetto pubblicitario dirompente. Comunque devo dargli atto di un indubbia capacità che non tutti hanno, ma che molti vorrebbero avere.
Viceversa il nostro ruspante Ghizzoni, più piacevolmente politically correct, probabilmente non ambisce ai milioni di copie o alla trasposizione cinematografica. O perlomeno quest'ultima non gliela auguro visti i risultati decisamente non entusiastici della cinematografia italiana.
L'effetto che ottiene, e che suppongo volesse ottenere, lo paragonerei a quello di uno dei più celebri e riusciti abbinamenti enogastronomici: il gorgonzola con un vino passito. L'abbinamento per contrasto genera nel campo gustativo una vera delizia per il palato, così come nel campo narrativo strappa il sorriso e rasserena l'animo del lettore.

Il contesto narrativo

Il vero unico grande mistero del libro che mi ha avvinto come lettore è il cercare di individuare il periodo in cui viene ambientata la vicenda.
Siamo in un piccolo paese in provincia di Cremona, viene inaugurato un bocciodromo sponsorizzato anche dal prete: tutti gli abitanti del paese partecipano, si conoscono tutti tra loro, ma la perpetua vieta alla figlia di partecipare perché ritiene sia il posto che l'evento particolarmente peccaminosi. La figlia che, giusto per inquadrare l'età, è fidanzata e sta per sposarsi, ci va lo stesso di nascosto così vede anche il suo moroso, carabiniere in servizio all'evento, ma poi viene ricattata dall'oste che minaccia di dire tutto alla madre, ma ... quando diavolo è ambientato questo romanzo?
Negli anni 50? Negli anni '60? I paesi, specie in pianura padana, sono orami satelliti dormitorio delle città: chi ci va ad abitare è per stare tranquillo o per avere una casa propria e non stare in condominio o per avere un pezzo di natura in cui fare una passeggiata. Gli abitanti sono tutti isolati davanti a televisione, serie tv o social, non si frequentano tra loro e non partecipano a hobby che puzzano di vecchio come quello delle bocce.
I parroci sono una specie in via di estinzione che non conta più nulla, i giovani è dagli anni '60 che hanno cominciato a ribellarsi ai genitori e figurarsi poi per un divieto di partecipazione ad un innocente evento organizzato dalla parrocchia, e potrei andare ancora avanti parecchio analizzando ogni singolo capitolo. Le situazioni sono abbastanza verosimili se fossero ambientate al massimo fino agli anni '70, poi però spuntano fuori i cellulari (siamo dopo il duemila!), o un'allusione a Rocco Siffredi che a memoria ha cominciato ad essere famoso dopo il duemila (tranne ovviamente tra gli appassionati, ma secondo me non era il caso della citazione).
Insomma molti elementi fanno capire che l'intera vicenda dovrebbe essere ambientata in questo nuovo millennio, ma l'intero contesto appartiene agli anni '60 quando Gianni Morandi cantava "fatti mandare dalla mamma a prendere il latte", che nel nostro caso poi sono le verze.
Quello che ne deriva è un effetto surreale, anzi metafisico nel senso pittorico del termine: sembra di stare in un quadro di De Chirico tra oggetti e arredi urbani realistici, che però sommati assieme in modo assurdo danno una sensazione onirica, irreale, spiazzante. Forse si potrebbe ravvisare una vaga assonanza con i romanzi di Stefano Benni dove c'è una realtà caricaturizzata, resa poeticamente simile alle favole; ma nel caso di Benni si tratta sempre di una trasposizione comunque realistica, riconoscibile, così come sono riconoscibili i suoi personaggi (vedi ad esempio Berlusconi ne "La compagnia dei Celestini").

In conclusione

Non catalogherei questo romanzo tra i capolavori della letteratura italiana ma, dopo aver letto diverse "fatiche letterarie" di ignobili dilettanti pubblicate da alcuni piccoli editori, mi sentirei di dire che non è malaccio. Se a questo aggiungiamo le tre piccole caratteristiche di cui sopra il libro diventa interessante, o quantomeno curioso.

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Autore: Marco Ghizzoni
Titolo: "I peccati delle Bocciofila"
Tipologia: brossura
Dimensioni: cm 20 x 13
Pagine: 320
Editore: La biblioteca di Repubblica - L'Espresso (Edizione speciale per - In origine Ugo Guanda Editore S.r.L.)
Anno di pubblicazione: 2016
ISBN:

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