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Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
(Angelo Branduardi, "Alla fiera dell'est")
Anche se il Caucaso non è il Catai di Marco Polo, per un povero turista di serie B come il sottoscritto è già Oriente.
E anche se Yerevan è la capitale dell'Armenia e non uno sperduto paesino dell'Asia, dove gli unici europei ad averci messo piede
sono quelli dei viaggi-avventura che si fanno grossi nei salotti con le loro narrazioni,
insomma: anche se c'è poco da vantarsi, anch'io nel mio piccolo voglio sfoggiare un minimo di esotismo.
Chiaramente se si va nei supermercati armeni, come in quelli di tutto il resto del "globo terracqueo",
si vedono le solite cose, i soliti prodotti confezionati che la globalizzazione
(ovvero il capitalismo "tutto-nelle-mani-di-pochi") propone, anzi impone.
Però andando al mercato qualcosa cambia.
Si tratta di un mercato non segnato nelle guide turistiche, poco distante dalla cattedrale ma distante anni luce dalle tappe principali del turismo.
Un mercato dove i pazienti cittadini della capitale vanno a fare spesa sperando di non incontrare il solito turista impiccione che continua a scattare foto:
in quest'occasione è andata male per loro.
Certo per chi è abituato ad andare al Festival Dell'Oriente i colori e i profumi offerti da questo mercato non sono una novità.
Però considerando nel complesso le spezie, gli animali vivi, la pasta venduta sfusa, la frutta infilata e appesa via, insomma ... qualcosina di esotico c'è.
Per vedere le foto in sequenza cliccare qui.
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