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Ultimo aggiornamento: 27 Marzo 2020 (Germinal - Bouleau)

Waking life, film totale a passo di tango


Introduzione

E' un film talmente vasto che non sapevo da dove iniziare. Alla fine ho deciso di buttar giù una breve sintesi, quindi evidenziare il senso delle scelte tecniche, inserire una sinossi della prima parte del film e per finire scrivere alcune (molto) parziali conclusioni.
Mi sono reso conto che fare una sinossi completa sarebbe stato forse utile (anche a me) ma veramente troppo lungo e fuori dai miei obbiettivi: vorrei stimolare la visione del film e non certo offuscarlo con le mie chiacchiere che la rendano superflua. Senza contare poi che questa è un'opera in cui da ogni sequenza si potrebbero trarre spunti per un libro intero.
Sperando di non incorrere nelle ire per violazione di copyright ho scelto poi di inserire nella sinossi singoli frame sottotitolati che rendano il senso visivo, il senso poetico del contenuto della scena che rappresentano.

Il film in breve

Waking Life è la storia di un sogno lucido, ovvero di un sogno dove il sognatore ha la consapevolezza di sognare.
Ci sono diversi elementi tipici dei sogni che concorrono a comporre la trama in modo onirico:
- il sogno lucido: il sognatore sa di sognare, anzi ammette di essere un po' preoccupato quando si accorge che non riesce ad uscire dal sogno
- gli scenari si alternano in un modo che sembra illogico e casuale, qualche volta anche volando o attraversando ostacoli fisici in modo incorporeo
- il risveglio nel sogno: come succede talvolta nei sogni, si sogna la sveglia che suona e che dà l'impressione che il sogno e il sonno siano finiti, in realtà continuano, e nel film questo il protagonista lo capisce ad esempio guardando i numeri digitali della sveglia che oscillano e non si mettono a fuoco
- la maggior parte dei colloqui, o meglio dei monologhi che il protagonista ascolta, sono in sua presenza, sono rivolti a lui, ma in qualche caso è lui che assiste ad una scena, ad un discorso, come dall'esterno, non visto: nei sogni non sempre si è protagonisti.
- quando ci sono situazioni di pericolo, definitive o cruente c'è il risveglio, di solito nella realtà, ma in questo film in un altro sogno.

Detto questo, ecco la trama molto in breve: è un racconto di un sogno in cui il sognatore consapevole del suo stato onirico, incontra diversi personaggi con cui ha un colloquio, o meglio da cui apprende una lezione di filosofia, di vita, di interpretazione della realtà. In alcuni casi ascolta non visto il colloquio di altri sempre sugli stessi temi, ma in altri casi i monologhi a cui assiste sono sostanzialmente negativi, trasmettono un disagio, una recriminazione verso la società che si tramuta direttamente o indirettamente in autodistruzione.

La tecnica

Il film è stato girato in Rotoscope, cioè prima è stato girato in digitale con degli attori, poi le immagini sono state ripassate con linee e colori da artisti come se fossero disegni.
I puristi dell'animazione sostengono che questa tecnica sia una specie di scorciatoia scorretta: non entro nel merito, ma dico che in questo caso, per questo film, è stata la soluzione più appropriata che ci potesse essere. Non solo questa tecnica di confine tra il reale e il disegnato rappresenta simbolicamente quella terra di confine che sono i sogni, tra la realtà e l'altrove assoluto, ma con delle imperfezioni ha consentito anche di rendersi uguale ai sogni. Alcune brevissime sequenze non sono state in parte ridipinte, e quasi l'occhio stenta a riconoscere se si tratta di disegno o realtà: la stessa ambiguità che si percepisce nei sogni, dove sembra tutto reale e irreale allo stesso tempo. Ultimo ma non meno importante il tremolio delle scene che è consentito dai disegni e che completa la sensazione di inconsistenza della realtà filmico-onirica.
Poi c'è la scelta della colonna sonora.
"Il tango è un pensiero triste che si balla", e la Tosca Tango Orchestra è il pensiero perfetto per (far) ballare questo film. Interpreti eccezionali del Nuevo tango inaugurato negli anni '60 da Piazzola, sono anch'essi "rotoscopizzati" nel film mentre suonano.
L'effetto finale di accoppiamento di questa musica con la storia e le immagini è veramente contrastante. Il ritmo binario del Tango dà l'incedere, il susseguirsi delle sequenze, ma allo stesso tempo la nota di amaro della melodia evidenzia, ricorda, fissa un'assenza. Quella di una risposta definitiva che le epifanie parziali stuzzicano, stimolano, ma non riescono a fornire.

La prima metà del film scena per scena

Chi non ha fatto o subito questo gioco da bambino?
"Origami indovino" o "Origami inferno-paradiso" (in inglese "Origami fortune teller") è un gioco che permette di avere un responso, o forse più propriamente un oracolo, con delle semplici "conte" in base a delle parole scelte, in modo che il risultato non possa essere predisposto dall'interpellato.
Il protagonista vede sè stesso da bambino, mentre una bambina gli propone il gioco e il responso finale è: "Dream is destiny", "Il sogno è il destino".
Dopodichè il sognatore bambino si avvia verso un'auto, e nel mentre comincia a levitare, ma staccandosi dal terreno, per evitare di volar via, si aggancia alla maniglia di un'auto parcheggiata nel cortile di casa.
Possiamo leggerlo simbolicamente: non è pronto per andare altrove, deve restare ancora in questa "realtà", seppur onirica.
E infatti si risveglia in treno, ma come si diceva è solo un primo risveglio ancora nel sogno.

A mio avviso siamo ancora in una specie di introduzione, seppur essenziale, del film vero e proprio.
La Tosca Tango Orchestra sta provando, sta ancora organizzando il pezzo da eseguire, "La Cosa Pequeña", e il cofondatore, direttore e fisarmonicista Glover Gill suggerisce di eseguirlo "più ondeggiante", andando leggermente fuori tono.
La musica rispecchia le immagini fuori fuoco, ondeggianti, incerte, in una parola: oniriche.

Intanto il treno arriva alla stazione, il nostro si reca a telefonare (bei tempi, c'erano ancora i telefoni a gettone!) e avverte l'interlocutore che è tornato in città e che potranno rivedersi. Dove? Con chi? Nel frattempo prenderà un taxi, o "qualcosa del genere".
Nel mentre una misteriosa ragazza lo guata in modo enigmatico: la rincontreremo successivamente, naturalmente senza scoprire nulla di lei.
Ed ecco il nostro primo vero incontro: un'auto con la carrozzeria di un motoscafo gli si avvicina, e l'uomo che guida con un cappello da marinaio, da capitano direi, gli offre un passaggio. Dietro c'è un altro ragazzo che come lui sta ricevendo un passaggio.
Non ne ho trovato traccia in rete, ma per me questo è un chiaro omaggio a "Silent movie" (in italiano "L'ultima follia di Mel Brooks") dove i tre protagonisti si spostano con una decappottabile e Mel Spass (Mel Brooks), il conducente, è vestito maniera analoga. La paperella poi sembra ricordare il tono grottesco del film omaggiato.
Ed ecco che questo primo personaggio gli offre la sua weltanschauung: il suo vascello è un'estensione della sua personalità, il parabrezza il suo schermo sul mondo. Lo show cambia di continuo, può non piacergli, può non essere d'accordo, ma lo accetta. Bisogna accettare il flusso, "il mare non rifiuta nessun fiume", e la sua idea fondamentale è che bisogna essere sempre di partenza mentre in realtà si sta quasi sempre arrivando. Il viaggio non richiede nessuna spiegazione, solo viaggiatori.
Poi c'è la famosa metafora riportata anche da Wikipedia: ognuno di noi arriva in questo mondo con una scatola di colori, chi da otto chi da sedici, l'importante è colorare. Non importa restare nelle linee (splendida metafora anche di come è stato colorato il film stesso), si può uscire sia dalle linee che dalla pagina. Non siamo ancorati, siamo in mezzo all'oceano.
Personalmente trovo questo pensiero perfettamente nietzschiano, anche se il filosofo non viene nominato direttamente.
Infine il capitano gli chiede la destinazione; il nostro sognatore dice che va bene ovunque, ma l'altro ragazzo invece dà indicazioni precise. Come nella vita: ci sono persone che hanno le idee chiare di dove andare. E le due battute successive la dicono lunga:
- Dov'è questo posto?
- Non lo so, ma è da qualche parte e determinerà il resto della tua vita.
E infatti una volta sceso e fatto un pezzo a piedi, il sognatore si trova a raccogliere al centro della strada un foglio con su scritto: "attento alla tua destra" e nel mentre vede arrivargli addosso un'auto. E come si diceva all'evento traumatico corrisponde un risveglio. Ma è un vero risveglio?

Il sognatore si sveglia un pò frastornato, si prepara la colazione, esce e va in all'università.
Qui un professore sta tenendo una lezione sull'esistenzialismo con particolare riferimento a Sartre. Il succo del discorso che comincia come lezione in aula, prosegue passeggiando e si conclude a un tavolino di un bar, è che l'esistenzialsmo non dà un messaggio negativo, ma anzi, in modo estremamente positivo invita a vivere profondamente la propria vita.
Nel giro di poche scene i collegamenti tra i due filosofi, Nietzsche e Sartre, vengono proposti mirabilmente.
"Sono preoccupato dal fatto che stiamo perdendo la virtù del vivere appassionatamente" dice il professore; il capitano analogamente direbbe che non stiamo usando i nostri colori, o quantomeno non appassionatamente.
Come possiamo farlo? Scegliendo: l'uomo è condannato ad essere libero, diceva il filosofo francese, e quello che tu scegli di fare, quello che fai, crea la differenza, anche se apparentemente in sei miliardi di abitanti puoi sentirti insignificante.
Ma soprattutto non dobbiamo vederci come vittime di forze esterne: noi abbiamo sempre la nostra capacità decisionale, il nostro arbitrio. E quest'ultima considerazione si ricollegherà poi con alcuni personaggi negativi.

Il sognatore si trova ad attraversare un giardino, in cui un cagnolino sta abbaiando, e bussa ad una porta. I sogni sono così: ci si trova da qualche parte, si sa che si deve andare in qualche luogo, ma non c'è un perché, una causalità.
E infatti senza un perché una donna sul patio della casa comincia a parlargli: "la creazione esce dall'imperfezione, dallo sforzo, dalla frustrazione". Questa terza lezione, questo terzo monologo, verte sulla comunicazione, sul linguaggio.
Fino a che le comunicazioni riguardano la mera sopravvivenza è tutto semplice, c'é un suono che avverte di un pericolo, di una necessità, e l'oggetto è immediato, riconoscibile, tangibile. Ma quando si comunicano esperienze astratte, come i sentimenti ad esempio, il suono che arriva all'interlocutore deve essere elaborato dalla mente, dalla memoria, eppure, nonostante le parole di per sè siano inerti, l'interlocutore capisce.
Su queste considerazioni Bergson avrebbe qualcosa da dire: anche l'avviso "c'è una tigre dietro di te" per essere capito deve passare dalla memoria. Tutta la nostra conoscenza in realtà è memoria.
Al di là della casistica più semplice (sopravvivenza) o più complicata (sentimenti) il punto dove vuole arrivare la ragazza è abbastanza chiaro: dato che la maggior parte delle nostre esperienze è intangibile, eppure riusciamo a comunicarcele, vuol dire che siamo in realtà connessi. Abbiamo una sorta di innegabile legame spirituale tra noi.

Dopo una breve passeggiata il nostro eroe si trova seduto ad un tavolo con un signore con gli occhiali, di fronte ad un acquario. E' probabile che l'acquario con i pesci, darwinariamente considerati origine primaria della vita, sia un simbolo che accompagna il discorso.
Si parla di evoluzione dell'uomo, dagli omonidi ai giorni nostri. Ma distinguendo tra evoluzione biologica, antropologica (come sviluppo di culture) e culturale propriamente detta.
Per le prime due le tempistiche sono chiare, ma per la terza bisogna fare una considerazione a parte. Innanzitutto non è detto che la cultura della colletività si trasmetta automaticamente all'individuo, ma allo stesso tempo l'individuo può sviluppare più cultura dell'intero sistema dando l'inizio ad un nuovo ciclo. Ci si potrebbe aspettare quindi un "nuovo umano" (il superuomo nietzschiano?), ma questo sviluppo potrebbe essere drammatico, perché controintuitivo. Se l'evoluzione fin qui avuta è fredda e sterile ma efficiente, la prossima dovrebbe essere di verità, lealtà, giustizia e libertà.

Il nostro protagonista torna a casa, si mette a letto, prende un libro e ... guarda la sveglia digitale: i numeri ondeggiano, sono incompleti. E' tipico del sogno: non c'è niente di ben definito, perché non è quello il senso, il sogno ci deve dare dei contenuti, non sa cosa farsene di forme esatte o di orari precisi.
Nel sogno si vola, sopra le case, sopra le città, e ci si ritrova a camminare a fianco di una persona sconosciuta che comincia parlare, non si sa come non si sa perché, ma si sa che ha qualcosa di importante da dire.
Questa quarta lezione è diversa dalle precedenti. Qui un cliente uscendo da un negozio spiega all'improvviso e con la massima serenità, come funziona la visione degli uomini "autodistruttivi": uomini soli, alienati, esclusi dalla società, che si sentono malati, diversi.
Con questo personaggio siamo in una linea di confine, ci stiamo avvicinando a quella situazione anticipata dal professore di filosofia, di quelli che scaricano la responsabilità sulla società sulle forze esterne. Qui il nostro uomo fa solo una serie di considerazioni tecniche di come sono quelli che arrivano all'autodistruzione, e lo fa serenamente. Per tutta la durata del monologo con nonchalance chiede un fiammifero, riempie una tanica di benzina e alla fine del discorso in un atrio davanti a passanti indifferenti si cosparge di benzina e si dà fuoco.
Da notare che questa modalità di suicidio è legata spesso ad una forma di protesta piuttosto che ad un gesto di disperazione. E infatti le sue ultime parole sono "Fa sentire la mia mancanza di voce" ("Let on my own lack of a voice be heard").

Il volo prosegue ed entra in un condominio, ma il nostro sognatore non lo vediamo più, o meglio vediamo con i suoi occhi. In terza persona assiste ad un colloquio tra un uomo e una donna a letto.
Qui sta per esserci una seppur piccola novità: se finora i dialoghi erano incentrati su un punto di vista filosofico, o filosofico-sociologico, adesso ci si addentra in un territorio di confine.
Tutto parte da un'esperienza della donna, citata dall'uomo, per cui le era capitato di vedere la sua vita come dall'esterno, come dagli occhi di una vecchia. Allora lui le racconta di un'esperienza NDE riportata da Tim Leary, l'attivista dell'LSD, che disse di essere morto e di aver avuto un'esperieza extracorporea, e tutto questo mentre tutte le funzioni vitali era cessate ma il cervello era rimasto funzionante per dodici minuti.
Da qui la discussione si sposta sulla percezione del tempo nei sogni, quando ad esempio nel dormiveglia mattutino ci si accorge di aver sognato per pochi secondi, ma nel sogno è trascorso molto più tempo. In buona sostanza tutto ciò che vediamo e sentiamo potrebbe non essere altro che un sogno, magari l'ultimo (di dodici minuti) in questa realtà.
Ecco quindi che se finora il tenore delle conversazioni era rimasto sulla filosofia classica, quella che si studia a scuola, qui ci si spinge in avanti. Le nuove frontiere della filosofia, a detta di chi se ne intende, si muovono in due direzioni: le neuroscienze e la meccanica quantistica. Per dirla con un paradosso: ci sono filosofi che si mettono a fare gi scienziati e scienziati che si mettono a fare i filosofi.
Infine la discussione si sposta sulla possibilità, o impossibilità secondo la donna, della reincarnazione. Ragionando sui numeri la donna arriva alla conclusione che secondo lei la reincarnazione è solo un'espressione poetica per definire la memoria collettiva.

Un altro volo e ancora in terza persona: lo sguardo entra in una prigione, dove un uomo con la faccia completamente rossa sta imprecando in modo smodato, scurrile e carico di odio contro chi lo ha imprigionato. Il discorso è tutto incentrato sulla vendetta che farà non appena potrà.
Qui siamo in pieno in quella casistica accennata dal professore esistenzialista e sartriano: ci si dichiara vittime delle azioni di altri e non si cerca di capire, di scegliere, di vivere insomma.
Graficamente il volto rosso (dalla rabbia) tornerà in una sequenza successiva con lo stesso significato.

Si torna al colloquio diretto del sognatore, questa volta in una casa. L'interlocutore, o meglio l'oratore, stavolta è uno scienziato-filosofo: "Nella moderna visione del mondo la scienza ha preso il posto di Dio. Ma alcuni problemi filosofici stanno ancora ossessionando l'umanità".
La questione principale è quella posta già da Aristotele, ma su cui si sono cimentati anche Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino: l'uomo è veramente libero o è soggetto alle forze esterne? E' predestinato o può scegliere il proprio futuro con libero arbitrio?
La risposta è che qualsiasi nostra azione parte dalla volontà, ma allo stesso tempo è soggetta alle leggi fisiche. E queste leggi fisiche, scendendo al massimo dettaglio della meccanica quantistica, non sono deterministiche, ma probabilistiche. L'osservazione dei quanti è assurda e imprevedibile, quindi dovremmo giungere alla conclusione che la libertà è solo una questione di probabilità?
Probabilmente la soluzione finale è considerarci tutti come ingranaggi di un grande meccanismo, dove però questi ingranaggi non sono i corpi, ma le persone.

Un'altra sequenza osservata in terza persona, un'altra personalità negativa, un altro viso rosso di rabbia come per il carcerato incontrato prima.
Qui abbiamo un cospirazionista furioso con l'establishment che gira in auto per vie deserte urlando il suo messaggio: chi ci governa ci vende al nemico, ci hanno tolto la possibilità di scelta, eccetera.
Non vale la pena di dilungarsi siamo nella casistica dei vittimisti che non si sentono liberi, che sono furiosi col contesto e che dimenticano così di vivere. O comunque si rifiutano di farlo.

In risposta alla negatività appena ricevuta dall'altoparlante della vettura, un brevissimo intervento di un signore con i capelli bianchi. Quasi un'unica frase:
"La ricerca consiste nel liberarsi del negativo, che è la nostra reale volontà verso il nulla. Quando hai detto 'Sì' ad un'instante, l'affermazione è contagiosa. Scoppia in una catena di affermazioni che non conosce limiti. Dire sì ad un'istante è dire sì a tutta l'esistenza."
Se prima la negatività era urlata, qui la positività è sussurrata in modo pacato, ma definitivo.

Stacco. Interno di una casa. Un ragazzo inizia la sua lezione che ha per oggetto la mente al nostro sognatore.
Cosa intendiamo per mente? Dove può arrivare, quali sono le sue potenzialità?
Secondo lui siamo in un momento liminale, siamo su un confine, le nostri mente stanno arrivando ad aprirsi verso qualcos'altro.

Ritorniamo ad assistere ad un colloquio da fuori, non c'è più il protagonista ma solo il suo sguardo, la sua attenzione. Siamo in un fast food e due donne stanno parlando tra loro.
Il paradosso di partenza ("O mi muovo veloce o c'è tempo. Entrambe le cose insieme mai") che una delle due enuncia sembra alludere vagamente al Principio di complementarità della fisica quantistica.
Il tutto viene riproposto dall'altra donna più semplicemente con la sensazione, nonostante l'età non più giovane, di avere tutto il tempo del mondo, mentra da giovane per fare le cose doveva arrivare più presto possibile alla fine.
Poi, senza nominarla direttamente, sviscerano il concetto di Entelechia: cos'è che lega il mio essere bambino che vedo nella foto al mio essere attuale? Perchè siamo sempre noi stessi anche se le nostre cellule periodicamente si rigenerano completamente?
Siamo stati diverse persone negli anni, ma quello che siamo veramente è "una storia".

Ci troviamo all'improvviso in una stanza dove si sta per fare una proiezione. Seduto su delle sedie c'è un piccolo pubblico nel quale vedremo poi di sfuggita anche il nostro sognatore. Il proiezionista è uno scimpanzè col camice bianco che oltre a gestire il proiettore legge un testo col microfono.
"Rumore e Silenzio" è il titolo. "La nostra critica, come tutte le critiche, comincia con un dubbio", e questo dubbio rappresenta una ricerca, rappresenta una storia, la nostra storia. Ma la scimmia sta parlando di una storia individuale o di una nostra storia collettiva? Le immagini aiutano a confondere le idee su questo interrogativo, ma in fondo sono diverse le due cose?
Il testo prosegue parlando di nascita di nuove situazioni dove il passato appare congelato e il futuro radioso: vale per l'individuo, vale per la società. Le immagini accennano a quelle che sembrano rivolte hippy, rivoluzioni musicali, ma alla fine il nuovo mondo si scopre simile al vecchio.
Lo scimpanzè si mangia il foglio che ha appena letto e sullo schermo appare la scritta "per cominciare di nuovo ... dall'inizio".
Tutto è inutile, tanto si deve ricominciare, eppure tutto è necessario e inevitabile. I continui risvegli nel sogno del protagonista sembrano ricordarci proprio questo.
Si chiude un periodo, se ne apre un altro che poi si rivelerà simile al precedente. E sull'immagine del proiettore che riavvolge nella bobina l'ultimo pezzo di pellicola, chiudiamo questa piccola sinossi. Il sogno prosegue, ma mi rendo conto che già fermandomi qua la pagina è diventata troppo lunga (e forse anche noiosa).

Conclusione

Volendo sintetizzare tutto con una definizione potremmo forse etichettarlo come un "film esistenzialista", però facendo così rischieremmo di depauperare un gigantesco lavoro di costruzione di quella che non è una weltanschauung definitiva, ma una ricerca. O forse meglio ancora: uno stimolo alla ricerca.
La cosa che più mi ha entusiasmato di Waking life è l'irrealtà delle situazioni, di quegli incontri che sono come dovrebbero essere ma non lo sono nella realtà di tutti i giorni. Mi spiego meglio. Anche solo in riferimento alle scene soprariportate abbiamo: due ragazze in un fast-food che parlano della percezione del tempo, marito e moglie a letto che discutono della consistenza della realtà e di reincarnazione o memoria collettiva, un signore con un'auto bizzarra che espone la sua visione del mondo esistenzialista, una ragazza che vede uno sconosciuto nel patio di casa sua e parla di teorie della comunicazione e di interconnessione degli uomini, e così via.
Nella vita reale queste persone parlerebbero di calcio, del tempo, del Grande Fratello, del Festival di Sanremo o di mille altre futili facezie. Eppure nella vita abbiamo i giorni, anzi le ore contate. Dovremmo inseguire il primato Ontico e il primato Ontologico come vorrebbe Heidegger, perché sono i problemi più urgenti, perché ne va del nostro stesso essere.
Quindi, tornando all'inizio, questo è un film esistenzialista, nel momento in cui sprona alla ricerca, a muoversi. In questo senso si può associare al ben più famoso "L'attimo fuggente", seppure tra i due film ci sia un abisso come complessità.


Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi.
Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione.
Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.
Citando Walt Whitman,
«Oh me, oh vita, domande come queste mi perseguitano.
Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti.
Che v'è di nuovo in tutto questo, oh me, oh vita?
Risposta. Che tu sei qui, che la vita esiste, e l'identità,
che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.
Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.»
Quale sarà il tuo verso?

("L'attimo fuggente", dalla presentazione del professor Keating alla classe)

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Regista: Richard Linklater
Attori: Wiley Wiggins, Ethan Hawke, Julie Delpy, Steven Sonderbergh, Adam Goldberg
Audio: Tedesco (Dolby Digital 5.1), Inglese (Dolby Digital 5.1)
Lingua: Tedesco, Inglese
Sottotitoli: Tedesco, Inglese
Formato immagine: 1.77:1
Numero di dischi: 1
Studio: Süddeutsche Zeitung GmbH
Durata: 97 minuti

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