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Ultimo aggiornamento: 16 Novembre 2019

Allen Ginsberg: Howl, libro + film


Il libro: "Jukebox all'idrogeno"

Come libro in se' non dovrebbe comparire in questa "odd list", in questa lista di bizzarie o di meraviglie, di opere dimenticate o passate inosservate. Credo che Howl sia una delle più importanti opere di poesia dello scorso secolo, ed è così famosa da non aver certo bisogno dei miei commenti o delle mie considerazioni.
Però l'edizione in mio possesso ha in se' una caratteristica un po' triste, ma piuttosto divertente allo stesso tempo: è completamente censurata nella parte della traduzione. L'effetto è comico: strappa un sorriso leggere "buchi del c..." o "che si lasciavano i....... da motociclisti beati" o "alcool e c.... e sbronze", laddove il numero di puntini non è casuale, ma degno della settimana enigmistica.
Questa prima edizione italiana del 1965 è arrivata quasi dieci anni dopo l'edizione originale americana, e nonostante l'assoluzione del linguaggio osceno per finalità artistiche negli Stati Uniti, in Italia i tempi non erano ancora evidentemente maturi per il lettore medio. Invece per il lettore colto, padrone della lingua della perfida albione seppur storpiata dallo slang americano, c'è stata una concessione maggiore. Costui poteva sapere cosa "le menti migliori della mia generazione", ovvero di quella di Ginsberg, "addolcivano", cioè cos'erano "le f.... di milioni di ragazze tremanti al tramonto". Le faringi? Le fosse nasali forse? Mah!
Per il resto è un'edizione eccellente, curata e tradotta dalla grandissima Fernanda Pivano. E chi meglio di lei avrebbe potuto?
Il volume poi è corposo: oltre al capolavoro "Howl", "Urlo e altre poesie", contiene "Kaddish e altre poesie". Infine degna di nota è anche l'introduzione, sempre della Pivano, che è particolarmente ricca e ben fatta e avrebbe potuto fare quasi libro a se'.

Il film: "Urlo"

Del 2010 il film Howl racconta sostanzialmente il processo che seguì alla pubblicazione del libro. Processo che vide imputato non l'autore, bensì l'editore Lawrence Ferlinghetti, grandissimo poeta anch'egli, ma che proprio per quest'episodio rischia di passare alla storia più come eroico editore che come grande poeta e intellettuale qual è.
Da non esperto di film posso dire che il film è piacevole, fatto bene, curato, col giusto ritmo, ben recitato, però ...
Però si limita al processo, ai fatti nudi e crudi, mentre avrebbe avuto l'occasione di andare oltre. Ma andiamo con ordine.
Ci sono quattro piani narrativi:
1) il "Six Gallery Reading" del 7 ottobre 1955, in bianco e nero dove il poeta legge il poema davanti ad un pubblico entusiasta
2) il processo vero e proprio, focalizzato sulle singole deposizioni degli esperti convocati dalle parti e sull'emissione del giudizio finale
3) l'intervista a Ginsberg fatta da un'anonima presenza, anzi assenza, quasi a significare che è lo spettatore stesso ad intervistare il poeta (e l'uomo)
4) le sequenze animate, che con il be-bop in sottofondo accompagnano la lettura dei versi
A mio avviso quest'ultima parte è quella che dà maggior valore al film, poi c'è qualche battuta dell'intervista che offre qualche spunto e il resto è aneddotica. Certamente è interessante capire come la libertà di linguaggio che oggi diamo per scontata non lo sia sempre stata, certamente è importante conoscere come la situazione degli omosessuali fosse al limite della tortura negli anni '50 (questo in occidente, in alcuni paesi del mondo invece è ancora così). Tutti aspetti culturali importanti, ma che di fronte ad un'opera come Howl diventano secondari, diventano un guardare il dito invece della Luna.
Non sono un cinefilo, ma guardando la produzione dei due sceneggiatori e registi, Rob Epstein e Jeffrey Friedman, ho avuto la conferma dell'impressione che mi aveva lasciato il film in se': le loro opere trattano per lo più di approfondimenti sulle situazioni, sulle persecuzioni, dei Gay in vari contesti storici e geografici.
E' tutto molto interessante, però in Howl c'è altro. C'è molto altro.
Purtroppo sembra un vizio: anche nella trasmissione radio "Wikipedia" che ha trattato lo stesso argomento, si è arrivati allo stesso risultato. E' la sindrome di Cambronne, eroe di guerra, grande generale, ma passato alla storia per per un singolo insulto volgare.

Oltre alle oscenità c'è di più

Non voglio cimentarmi con un'analisi completa di Howl, anche perché non ne sarei certo all'altezza, ma vorrei fare giusto un paio di considerazioni.
Tradurre è un po' tradire: questa è una considerazione valida per tutto, ma in particolar modo è inesorabile e particolarmente grave per la poesia. La poesia è tutta giocata su rime, assonanze, musicalità delle parole, ritmo, doppi sensi, insomma di una miriade di cose intraducibili, per cui le scelte dei traduttori appaiono talvolta bizzarre o assurde. Per l'edizione in mio possesso a tutto questo dobbiamo aggiungere un limite imposto alla povera Fernanda dalla censura.
Premesso tutto questo, mi vorrei soffermare su un verso:

who blew and were blown by those human seraphim

La traduzione di Fernanda Pivano sul libro è: "che si scambiavano p...... con quei serafini umani". La traduzione nel doppiaggio italiano del film è: "che pompavano ed erano pompati".
Dunque, che "blow job" si traduca letterlamente come fellatio è fuor di dubbio. In italiano da strada, scurrile, c'è solo il sostantivo, "pompino", e non mi risulta che ci sia il verbo relativo per indicare la pratica sessuale. Il sostantivo va associato ad un verbo: fare, scambiarsi, regalare o pagare. Non so se c'è l'uso del verbo pompare come pratica sessuale orale in qualche slang regionale, ma anche il dizionario Treccani non ne dà notizia. Un uso improprio, volgare ma mi sembra abbastanza diffuso, del verbo è quello che sta per "caricare emotivamente, anche con lusinghe, una persona". Ad esempio lo sparring partner che pompa il pugile prima dell'incontro.
Ecco quindi che nella traduzione del libro si privilegia la chiarezza, forse per compensare i puntini sospensivi, mentre nel film si privilegia il ritmo del verso. Entrambe le traduzioni sono così illegittime, e perciò entrambe sono legittime. Non si poteva fare di meglio in entrambi i casi. Purtroppo non si poteva fare di meglio.
Prima di arrivare al dunque facciamo un passo indietro. In una scena del film, al processo, l'accusa chiede ad un teste della difesa per l'ennesima volta di chiarire un verso del poema, col chiaro intento di dimostrare che questo è solo un'accozzaglia di versi osceni senza senso. Il teste che aveva già dato parecchi chiarimenti, si rompe i cabasisi, pardon: si spazientisce, e risponde che non si può tradurre la poesia in prosa, perché altrimenti non ci sarebbe la necessità di scrivere poesia. In realtà un po' si può, ma è sempre limitante, e quindi fuorviante.
Ecco: il verso di cui sopra è un chiaro esempio di ciò. Se una poesia ha una sola chiave di lettura, magari immediata, è ben poca cosa. Se ad esempio leggiamo la Commedia di Dante interpretando solo chi il poeta ha mandato in Inferno, chi in Purgatorio e chi in Paradiso, ne diamo una lettura solo storica, politica o, peggio ancora, di gossip.
Ora tornando al verso di cui sopra, il verbo inglese "to blow" significa letteralmente nel suo primo significato "soffiare". "Blow" come sostantivo è soffio. In latino vediamo che soffio si traduce in "spiritum", in greco pneuma. E' un'interpretazione esagerata? Vediamo quest'altro verso:

who drove crosscountry seventytwo hours to find out
if I had a vision or you had a vision or he had
a vision to find out Eternity,

Traduzione del libro: "che guidavano est-ovest settantadue ore per scoprire / se io avevo avuto una visione o se tu avevi avuto una visione o se lui aveva avuto / una visione per scoprire l'eternità". Questo è il punto focale!
Tutta la prima parte del poema (sono in tutto tre parti più le note) verte a descrivere non un disagio esistenziale dei giovani tornati in patria dopo la guerra (come azzarda un teste della difesa), non una frustrazione sessuale dovuta ad una società bigotta e perbenista, ma un'angosciosa ricerca dello spirito. Lo cercano tra loro, perché il resto della società sembra perso nell'allucinazione consumista. I viaggi fisici che fanno disperatamente, sono viaggi interiori alla ricerca dello spirito, del nosce te ipsum, del divino. E' la società che si è persa, non loro.

Moloch

Se la prima parte del poema descrive questa fuga, o meglio questa ricerca disordinata dell'assoluto, la seconda parte descrive l'oggetto dell'oppressione che genera questo atto. La società che ha preso forma in quegli anni è quella attuale, pur con molte differenze. Parlare genericamente di società è spesso una scusa per giustificare i propri sbagli, i propri limiti o per esentarsi dalle proprie responsabilità. Eppure Durkheim non era di questo avviso: "La società non è una semplice somma di individui; al contrario, il sistema formato dalla loro associazione rappresenta una realtà specifica dotata di caratteri propri".
Ed ecco la geniale identificazione da parte di Ginsberg del capitalismo con Moloch. Per quanto si sia dotati del più possibilista agnosticismo, ammettere la possibilità di una divinità come Moloch, che richiedeva un sacrificio parecchio cruento dei bambini, è piuttosto arduo.

Moloch la cui mente è puro macchinario! Moloch il cui sangue è denaro che scorre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto è una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio è una tomba fumante! [...]
Moloch il cui amore è petrolio e pietra senza fine! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch la cui sorte è una nube di idrogeno asessuale! Moloch il cui nome è la mente!
(Howl parte II)

Il mio messaggio è: vi teniamo d’occhio. Tutto ciò è sbagliato![...]Come vi permettete? Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote, senza considerare che io sono tra i ragazzi fortunati. Le persone soffrono, le persone stanno morendo e i nostri ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa e tutto ciò di cui parlate sono i soldi e le favole su una crescita economica?! Ma come osate?
(Greta Thunberg, discorso all'ONU, 23 settembre 2019)

In un punto dell'intervista nel film Ginsberg ammette che molti versi che ha scritto con l'urgenza interiore di scriverli, neanche lui li ha capiti bene. Verranno capiti poi da altri dice. Nel momento storico che stiamo vivendo Greta Thunberg ha capito pur senza (probabilmente) conoscere l'opera di Ginsberg.
Moloch è una statua di bronzo vuota, incandescente, sulla quale stiamo sacrificando i nostri figli, le future generazioni. Moloch è il nulla, è il "si" impersonale di Heidegger di cui siamo schiavi.

Epilogo

La terza parte è forse la più personale del poema, dedicata al suo compagno Carl Solomon e alla sua odissea nel manicomio di Rockland. Ma come per il resto del poema personale e universale si fondono, ed al travaglio di Solomon possiamo associare altro.
Però evidentemente Ginsberg ha sentito che il poema non poteva finire lì, nel catartico ritorno a casa del compagno martoriato, ed ha aggiunto una "nota". La vera spiegazione dell'intero poema, un'inno alla gioia e alla santità di tutte le cose. Un'inno quasi francescano che ci riporta alla definizione stessa di "Beat Generation".
Se nella musica beat (che nulla c'azzecca con l'omonima generazione che per musica aveva il be-bop) il termine sta per il suo significato letterale, battere, nella "Beat Generation" l'etimoligia si accomuna a quella latina di beato.
Come nelle beatitudini evangeliche ("beatitudes" in inglese) anche questa generazione ha avuto i suoi travagli, le sue sofferenze, che alla fine saranno ricompensate.

nei miei sogni arrivi in lacrime gocciolante dalla crociera della traversata in autostrada dell'America fino alla porta del mio cottage nella notte dell'Ovest.

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