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Ultimo aggiornamento: 25 Maggio 2024 (Prairial - Mélisse)



Avete mai pensato di morire?
(Barbie stereotipo)

Odio quando la gente pensa, mi annoio!
(Ken)

Per Barbie ogni giorno è un grande giorno


Panoramica - Lo spottone - L'autoironia - Le bambole come strumento - Un aspetto non considerato


Panoramica

Il livello culturale di questo sito è quello che è, chi lo bazzica da un po' di tempo ormai lo sa. Se fosse un sito serio dovrei parlare di qualche "film cecoslovacco [...] Ma con sottotitoli in tedesco!" (Fantozzi docet), e invece sono qui a parlare di quel film bomboniera che secondo il Time è "molto carino ma non molto profondo": Barbie.
Se secondo Le Monde si trattava di "una bambola affogata nella parodia del kitsch", io non potevo mancarlo. In realtà le stroncature sono un pochino fuori dal coro visti i primati che ha raggiunto e i premi e le candidature che ha preso.
Insomma Bergman e Antonioni sono altrove (e infatti sono rimasto sveglio per tutto il film), però ...

Lo spottone

Lo spottone ("Grande spot pubblicitario. In senso figurato, evento, programmato o accidentale, che ne mette in risalto un altro") di cui parlo non è certo quello per la famosa bambola il cui nome completo è Barbara Millicent Roberts. Questa è semplicemente l'oggetto (e soggetto) del film nella sua interezza, in tutte le sue versioni, ed essendo anche la Mattel tra i produttori sarebbe stato strano se il film non avesse osannato questa bambola cult, non avesse ripercorso la storia, non avesse parlato tutti i modelli. Tutto questo è normale.
Il grande spottone a cui mi riferisco è quello al capitalismo delle multinazionali, quello che continua ad ingigantire le differenze, i gap economici tra i primi e gli ultimi della società, o meglio delle società in tutto il mondo riducendo i posti di lavoro e monopolizzando il mercato.
"Pensi che abbia passato tutta la mia vita nelle sale riunioni per il guadagno? No! Io sono entrato in questa azienda per le bambine e i loro sogni! Non inteso in modo morboso, è ovvio."
Solo un comico come Will Ferrell poteva fare un discorso del genere restando serio, perché come diceva il marchese del Grillo "Quanno se scherza, bisogna esse' seri".
Purtroppo i sogni di molte bambine nel mondo riguardano il mangiare tutti i giorni (e magari cose sane), poter andare a scuola o l'essere curate quando stanno male, ma queste capricciose, si sa, non fanno parte del "target", non entreranno mai nel "purchase funnel". Come ci insegnano i liberal, i poveri sono solo oziosi che non hanno voglia di lavorare, e se non sanno badare a sé stessi è giusto che muoiano di stenti e malattie (Herbert Spencer docet).

L'autoironia

Il potente mezzo per autocelebrarsi non è l'ingenua esaltazione di sé stessi a tutto campo e senza contraddittorio, che è tipica delle dittature, delle televendite dozzinali, degli artisti egoriferiti o dei matti, solo per citare qualche caso. Ci sono eleganza, finezza ed intelligenza in questo film dove i peccati vengono ammessi e ci si scherza sopra con una certa autoironia.

Nella nostra valutazione il denaro non è la parola e le multinazionali non contemplano il diritto di libertà di parola. Sostenendo di esercitare un diritto trasformano la nostra democrazia in una plutocrazia. [plauso del pubblico] Questo mi suscita emozioni e lo esprimo. Non ho alcuna difficoltà a tenere insieme logica e sentimenti allo stesso tempo. E non diminuisce il mio potere, lo espande, semmai. [di nuovo plauso del pubblico]
(Barbie Avvocato)

Assolutamente ironica è anche la descrizione di quella che potremmo chiamare la "perfezione del divertimento" del mondo di Barbie. "Non ho niente di speciale in programma. Solo un gigantesco mega party con tutte le Barbie con coreografia preparata e una canzone scritta apposta": a Barbieland la vita va dalla spiaggia alla festa serale, in una perfezione di vestiti, ascensori che non servono, amici sempre sorridenti ... insomma una noia colossale.
Il messaggio è: "sappiamo anche noi che la vita non è e non può essere così, però è giusto sognarla e offrire alle bambine lo strumento per sognarla".
L'autoironia arriva fino all'evasione fiscale per la quale il fantasma di Ruth Handler ammette di essere stata scoperta. C'è autoironia anche sulle quote rosa del consiglio d'amministrazione della Mattel, quando cercano di giustificare paradossalmente che non c'è neanche una donna. E per contrappasso quando Ken chiede un lavoro di alto livello ben pagato e influente, gli fanno presente che serve almeno un master. E all'ingenua domanda maschilista del povero Ken "Ma non basta essere un uomo?", la riposta tranchant è: "Veramente adesso è quasi l'opposto".

Le bambole come strumento

Il sistema conosce le sue colpe, i suoi limiti, ma ci fa capire anche che forse alla fine è il meno peggio di tutti. Il lungo elenco di Sasha su quello che viene richiesto alle donne ("Devi essere magra ma non troppo magra [...] Devi avere soldi ma non puoi chiedere soldi perché è volgare [...] Devi adorare essere una madre ma non parlare dei tuoi figli tutto il tempo[...]) ci ricorda che il sistema non è onesto, "E sii sempre grata ma non dimenticare che il sistema è truccato, quindi trova il modo di riconoscerlo ma rimanendo pur sempre grata", e alla fine conclude con uno scoraggiante "io non so più che dire."
E si arriva così al punto: la Barbie è stata creata forse per plagiare le bimbe? Per renderle docili consumatrici, madri devote, professioniste instancabili?

Sasha: Tu fai sentire le donne sbagliate da quando sei stata inventata!
Barbie Stereotipo: Secondo me hai capito tutto il contrario...
Sasha: Rappresenti tutto il marciume della nostra cultura: capitalismo sessualizzato, ideali fisici inarrivabili.
Barbie Stereotipo: No, no, tu stai descrivendo una cosa stereotipata. Barbie è molto più di questo.
Sasha: Guardati allo specchio.
Barbie Stereotipo: Beh, io tecnicamente sono Barbie Stereotipo.
Sasha: Hai fatto arretrare il femminismo di cinquant'anni, hai distrutto l'autostima innata che ha ogni bambina e uccidi il pianeta con l'esaltazione del consumismo rampante!
Barbie Stereotipo: No, il mio compito è aiutarti, per renderti felice, potente...
Sasha: Oh, io sono già potente. E finché non sei apparsa qui a sbandierare che sei Barbie, non pensavo più a te da anni. Fascista!

Sgombriamo il campo da quella che potrebbe diventare una falsa idea di modernità: da sempre le bambole sono usate come strumento che va dall'educativo al plagio a seconda di chi propone (o propina) il giocattolo.
La rivoluzione della Barbie viene descritta a partire dalle precedenti bambole che dovevano accompagnare, o addirittura guidare, l'istinto materno. Bambolotti che dicevano chiaramente "tu sarai una mamma". La rivoluzionaria Barbie invece ha cominciato a dire "tu sarai una donna, una professionista, una ragazza che si diverte, quello che vorrai". Insomma senz'altro ha fatto la sua piccola parte per plasmare (nel bene e nel male) la donna moderna.
Ma possiamo andare ancora più indietro dei bambolotti per le giovani mammine: consideriamo la Monaca di Monza de "I Promessi Sposi" ad esempio:

La nostra infelice stava ancora nascosta nel ventre della madre, che la sua condizione era irrevocabilmente stabilita. Rimaneva soltanto da decidersi s’ella sarebbe un monaco o una monaca; decisione per la quale faceva mestieri, non il suo assenso, ma la sua presenza. Quando ella comparve, il principe suo padre, volendo darle un nome che risvegliasse immediatamente l’idea del chiostro, e che fosse stato portato da una santa di alti natali, la chiamò Gertrude. Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si posero fra le mani; poi immagini vestite da monaca, accompagnando il dono coll’ammonizione di tenerne ben conto, come di cosa preziosa, e con quell’interrogare affermativo: “bello eh?”

Bambole vestite da monaca! Quindi possiamo dire "niente di nuovo sotto il sole, e nessuno può dire: 'ecco, questa è una novità', poiché quella cosa esisteva già nei secoli che ci hanno preceduto" ("Nihil sub sole novum, nec valet quisquam dicere: Ecce hoc recens est: jam enim præcessit in sæculis quæ fuerunt ante nos", Ecclesiaste 1:10).

Un aspetto non considerato

Al di là degli aspetti sociali, politici ed economici di cui sopra (che comunque apprezzo) c'è un altro aspetto che è a mio avviso più interessante, un aspetto che potremmo definire filosofico, metafisico.
Quando Barbie confusa incontra Ruth, questa le dice: "You understand that humans have only one ending. Ideas live forever. Humans not so much. You do know that don’t you?", ovvero "Capisci che gli esseri umani hanno una fine. Le idee vivono per sempre. Gli esseri umani non tanto. Lo sai, vero?".
Barbie appartiene al mondo delle idee ovvero, facendo un paragone con Platone, Barbieland non sarebbe altro che l'iperuranio. E tra i quattro rapporti, di mimesi, parusia, aitia e metessi, proprio su quest'ultimo si basa il film: mettendo in disparte la cosa (un calo di vendite per la Mattel?) l'esistenza dell'idea ne risente, o come direbbe Peter Pan: "ogni volta che un bambino dice 'Io non credo nelle fate', da qualche parte una fata muore". E la crisi di Barbie stereotipo comincia proprio da lì.
Rispetto al mito della caverna il film ci offre un doppio scambio: le idee che vengono nel mondo degli uomini e poi tornano, gli uomini che vanno nel mondo delle idee e poi tornano. Non si può certo parlare di liberazione dalle catene come in Platone, ma c'è qualcosa in più a mio avviso anche interessante.

Il finale sembra un po' rubato a Pinocchio, ma alla fine creare vuol dire rubare, o comunque prendere a prestito per adattare. Quando Ruth spiega a Barbie che "le idee vivono per sempre, gli esseri umani non tanto" è perché Barbie vuole fare il passo, è pronta per farlo:

I want to be part of the people — to make meaning — not the thing that's made. I want to do the imagining — I don’t want to be the idea. Does that make sense?
Voglio far parte delle persone, dare un significato, non la cosa che viene creata. Voglio immaginare, non voglio essere l'idea. Ha senso?

Appena arrivati in California Barbie e Ken si sentono lumati, guatati e percepiscono che c'è dell'interesse sessuale ("Non so esattamente cosa voleste dire con quelle battutine, ma se non sbaglio ho colto un senso che mi pare doppio. E vorrei giusto informarvi che io non ho la vagina! E lui non ha il pene! Noi non abbiamo i genitali!"). Non sono umani: sono delle idee. Ma alla fine, nonostante tutto Barbie stereotipo decide di restare qui, di vivere e morire nonostante "gli umani non durino molto". E non a caso l'essere per la morte per Heidegger è quello che dà senso e struttura al progetto dell'esserci.
Ecco che la fata/Ruth trasforma Pinocchio/Barbie in un essere umano: eros e thanatos, non più immortale, non più asessuata, e il film si conclude con la sua prima visita ginecologica.




I'm a Barbie girl, in the Barbie world
Life in plastic, it's fantastic
You can brush my hair, undress me everywhere
Imagination, life is your creation
Come on, Barbie, let's go party

Sono una ragazza Barbie, nel mondo di Barbie
La vita nella plastica, è fantastica
Puoi spazzolarmi i capelli, spogliarmi ovunque
Immaginazione, la vita è una tua creazione
Dai, Barbie, andiamo a festeggiare

(Aqua, "Barbie Girl")

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